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Usa – Arabia saudita: Khashoggi, Biden chiama re Salman e accusa Mbs

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/02/2021

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Squilla il telefono: Joe Biden chiama re Salman. Tace il telefono: da quando alla Casa Bianca non ci sono più Donald Trump e il ‘primo genero’ Jared Kushner, l’uomo d’affari ebreo dietro le scelte Usa per il Medio Oriente, il principe ereditario Mohammed bin Salman aspetta invano una chiamata.

Che non arriverà: non è più lui, il mandante – non solo morale – dell’assassinio di Jamal Khashoggi, l’interlocutore privilegiato degli Stati Uniti in Medio Oriente. E l’amico magnate se n’è andato senza concedergli quello che lui gli aveva chiesto – né avrebbe potuto farlo -: una sorta di ‘salvacondotto’ per i delitti di cui possa essersi reso responsabile perseguibili dagli Stati Uniti.

Ieri, Biden ha chiamato re Salman, 85 anni e malandato, per metterlo sull’avviso: oggi, verrà diffuso un rapporto dell’intelligence degli Usa che conferma il coinvolgimento di Mbs nell’assassinio e nello smembramento dell’oppositore dissidente, giornalista ed analista del Washington Post, ucciso il 2 ottobre 2018 nel consolato saudita di Istanbul, dove era stato attirato con l’inganno. L’intelligence turca è già giunta alla stessa conclusione, indagando per conto suo.

L’eliminazione di Khashoggi, che era stato capo-redattore di ‘Al Arab News Channel’ e che aveva poi trasformato il quotidiano saudita al-Watan in un punto di riferimento per i sauditi progressisti, salvo poi lasciare il Paese sentendosi insicuro, suscitò un’ondata di sdegno internazionale, ma non smosse l’atteggiamento di Trump verso il regime saudita e in particolare di Mbs, cui il magnate si rifiutò sempre d’attribuire responsabilità nell’accaduto.

Axios, il sito che ha ieri anticipato i contenuti del rapporto, nota che “il documento, non classificato e prodotto dalla direzione della National Intelligence, indica che il principe ereditario è coinvolto” nell’efferato omicidio. Bin Salman ha sempre negato ogni coinvolgimento, ma ha tuttavia accettato la responsabilità come leader de facto del Paese.

La telefonata di ieri di Biden a re Salman è stata la prima da quando il neo-presidente s’è insediato alla Casa Bianca, oltre cinque settimane or sono. Un doppio segnale inconfutabile: c’è la scelta d’avere come interlocutore il monarca e non il principe; e c’è la volontà di ricalibrare la relazione con Riad, forse anche in vista di una ripresa del dialogo sul nucleare con Teheran. Arabia saudita e Iran sono le due potenze regionali rivali: si contendono l’egemonia nell’area e l’influenza sui Paesi della zona, in particolare l’Iraq e la Siria, ma pure il Libano e quella che sarà la Palestina.

Il cambio di passo di Washington verso Riad era già parso evidente: l’Amministrazione Biden ha infatti imposto uno stop, sia pure temporaneo – una prassi, all’avvicendarsi dei presidenti, è stato detto –, alle vendite di armi a Riad; e la levata dell’appoggio degli Usa alla guerra nello Yemen, dove i sauditi appoggiano il governo sunnita contro gli insorti Huthi sciiti sostenuti dall’Iran e che ha finora avuto un bilancio pesantissimo di vittime civili.

C’è pure una maggiore attenzione, da parte dell’America di Biden, al rispetto dei diritti umani e della parità di genere: due terreni su cui il regime saudita ha la fedina sporca. Per Trump, invece, contavano di più le armi che i sauditi gli compravano: una ‘danza delle spade’, alla sua prima missione oltre Atlantico nel 2017, gli valse commesse decennali per cento miliardi di dollari.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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