Un boomerang, come il primo. Il processo d’impeachment bis a Donald Trump, che inizierà martedì 9 febbraio, darà una parvenza di legittimità alle azioni del magnate ex presidente e ne farà, almeno agli occhi dei suoi sostenitori, un martire dell’accanimento democratico. Non c’è, infatti, indizio che un numero sufficiente di senatori repubblicani possa condannare Trump per aver sobillato i suoi fan il 6 gennaio a dare l’assalto al Campidoglio per bloccare la certificazione della vittoria di Joe Biden.
Due voti danno la misura del clima nel Congresso: solo cinque senatori repubblicani su 50 avallano la legittimità del processo d’impeachment, mentre gli altri 45 stanno con i giuristi che la contestano; e solo 11 deputati repubblicani su oltre 200 si sono uniti ai democratici per decretare l’espulsione dalle commissioni di cui faceva parte dell’ultra-trumpiana e complottista Marjorie Taylor Greene – erano stati dieci a votare per mettere sotto accusa Trump -.
Per l’impeachment di Trump, ci vuole in Senato una maggioranza dei due terzi: 67 voti su 100, almeno 17 repubblicani – ammesso che i democratici siano compatti -.
E’ pure fallito il tentativo dei democratici di mettere alle strette il magnate chiamandolo alla sbarra: Trump ha risposto picche, com’è suo diritto. I suoi attuali avvocati, Bruce Castor e David Schoen, hanno respinto la richiesta, definendola una “trovata mediatica” in un processo “incostituzionale”, essendo scaduto il mandato presidenziale – la questione potrebbe finire alla Corte Suprema -. Altre tesi difensive sono che il magnate non intendeva spingere i suoi fan all’assalto del Campidoglio e che le sue frasi sono protette dal primo emendamento della Costituzione sulla libertà di parola.
Tra dinieghi e dimissioni, Trump ha difficoltà nel comporre il collegio difensivo per il processo d’impeachment. Siti conservatori denunciano i casi di avvocati che lo hanno rappresentato nei contenziosi elettorali e che sono ora sottoposti a provvedimenti disciplinari dai loro ordini. A un mese dall’attacco al Congresso, gli arresti sono 235.
Da tutto questo, si tiene fuori Biden. Il presidente fa però sapere di desiderare che Trump non riceva più i briefing dell’intelligence, com’è d’uso per gli ex presidenti. In un’intervista alla Cbs, che andrà in onda oggi nell’intervallo del Super-Bowl, l’evento sportivo Usa più seguito, Biden ha giustificato la decisione con il “comportamento inaffidabile” del suo predecessore, che “potrebbe sbagliarsi e dire qualcosa” che dovrebbe restare confidenziale. In campagna elettorale, Biden aveva definito Trump “una minaccia e un pericolo … incosciente e irresponsabile”; e ora conferma il giudizio: “E’ quello che penso”. Sul processo, invece, Biden non si sbilancia: “Le decisioni spettano al Senato”.
Il neo-presidente ha avuto il battesimo dell’aria sull’AirForceOne, da Washington a Wilmington: siccome il volo è breve, è stato usato l’aereo più piccolo della flotta presidenziale. Biden sta sperimentando le prime difficoltà nell’attuazione del suo programma: se il maxi-stimolo da 1900 miliardi è in dirittura d’arrivo al Congresso, l’aumento del salario minino a 15 dollari l’ora pare, invece, difficile da inserire nel pacchetto: probabilmente ci sarà un supplemento di negoziato, il che irrita la sinistra del partito, che tiene molto al provvedimento.
Continua la revisione delle politiche trumpiane, anche sul fronte mediorientale: il segretario di Stato Antony Blinken vuole togliere gli Huthi dello Yemen dalla lista dei gruppi considerati terroristi dagli Usa, dopo avere levato l’appoggio alla guerra condotta nello Yemen dall’Arabia Saudita contro gli insorti.
Fox Business ha bruscamente cancellato il Lou Dobbs Tonight, il talk show coi maggiori ascolti della tv all news, condotto da Lou Dobbs, controverso presentatore ultraconservatore e sostenitore di Trump, noto anche per la sua retorica talora razzista. E’ stato uno dei commentatori televisivi più attivi nel sostenere la tesi delle elezioni rubate.
La Fox non ha ancora motivato la decisione. Dobbs, 75 anni, conduttore del programma dal 2011, dopo essere stato una voce anomala della Cnn, è una delle star della rete coinvolte nella maxi-causa da 2,7 miliardi di dollari avanzata dall’azienda hi-tech Smartmatic, che accusa l’emittente e alcuni suoi presentatori di diffamazione: sostennero che la Smartmatic era coinvolta nei brogli elettorali. Tra le star citate dall’azienda, anche l’anchorwoman italo-americana Maria Bartiromo.