Dove vai, se il guru non ce l’hai? Donald Trump se lo porta dietro, anzi lo strappa al carcere dove rischiava di finire per tenerselo accanto, adesso che il magnate ex presidente sembra volere fondare un partito, nella sua nuova vita lontano dalla Casa Bianca da dove il popolo americano l’ha cacciato con il voto del 3 novembre. Steven Bannon, l’artefice della vittoria nel 2016, torna al suo fianco, anche se c’è chi lo descrive riluttante a ottenere il perdono preventivo.
I progetti di Trump per il futuro sono fumosi – e subordinati all’esito del processo d’impeachment avviato dopo l’attacco al Congresso da lui innescato il 6 gennaio e che ha fatto cinque vittime -: restare immanente nella politica Usa; ricandidarsi nel 2024; fondare un partito, il ‘Patriot Party’, sganciandosi dai repubblicani. Tutti piani che, per essere realizzati, richiedono impegno, costanza, importanti investimenti di tempo e denaro.
Il magnate potrebbe volere ricomporre la squadra vincente di Usa 2016: ha graziato tutti i suoi consiglieri e collaboratori finiti sotto gli strali della giustizia, anche quelli non ancora condannati, come appunto Bannon. L’ultima raffica di grazie (73) e condoni (70) ha toccato 143 persone, che s’aggiungono alle decine già ‘perdonate’, fra cui – del team 2016 – il manager Paul Manafort, George Papadopoulos, l’amico Roger Stone, il generale Michael Flynn.
Nell’ultima ondata, ci sono uomini d’affari come il finanziatore dei repubblicani Elliot Broidy, celebrità e ‘socialites’, politici e condannati per reati di droga non violenti, anche un italiano, l’imprenditore fiorentino Tommaso Buti. Contrariamente a quanto s’era ipotizzato, non vi figurano, invece, familiari del magnate, che ha pure rinunciato ad ‘auto-graziarsi’ – atto probabilmente illegittimo -.
Trump se n’è andato un po’ alla chetichella dalla Casa Bianca alle 08.00 del mattino, quand’era ancora presidente: ha così potuto salire sul Marine One, il suo elicottero, senza chiedere permessi, per raggiungere la Andrews Air Base, dove l’attendevano il tappeto rosso e 21 salve di cannone; e poi imbarcarsi, per l’ultima volta sull’AirForceOne, destinazione Mar-a-lago, Florida – nella ‘sua’ New York, non ci vuole tornare e non ce lo vogliono –. In un’atmosfera da comizio, Trump ha detto: “Sono stati quattro anni incredinili… Ritorneremo, in qualche modo”.
Prima di lasciare la Casa Bianca, senza avere mai incontrato il suo successore dopo l’Election Day e senza averne mai riconosciuto la vittoria, Trump ha tracciato, in un video messaggio, un bilancio molto lusinghiero del suo operato: “Abbiamo fatto quello che volevamo fare e molto di più … Abbiamo costruito la più grande economia nella storia del Mondo … Sono particolarmente orgoglioso di essere stato il primo presidente da molti decenni a non avere iniziato nuove guerre … La Operazione ‘Warp speed’ per sviluppare e distribuire il vaccino è un miracolo medico”.
In extremis, ha pure rispettato la tradizione che vuole che il presidente uscente lasci sulla scrivania dello Studio Ovale un biglietto al suo successore: s’ignora, però, che cosa ‘TheDonald’ abbia scritto a ‘Sleepy Joe’.
In agosto, Bannon, stratega nel 2016 della campagna di Trump e poi suo consigliere alla Casa Bianca, era stato accusato e arrestato per frode dai magistrati di New York: l’inchiesta che lo coinvolge riguarda un’organizzazione chiamata ‘We Build the Wall’, ‘costruiamo il muro’, quello anti-migranti lungo il confine con il Messico, promesso da Trump ma realizzato solo in parte.
Per portare avanti il progetto, che il Congresso non ha mai finanziato, la Casa Bianca ha dovuto ricorrere a scappatoie amministrative. L’organizzazione di Bannon e di tre suoi soci, pure sotto accusa, aveva raccolto online oltre 25 milioni di dollari, un milione dei quali sarebbe andato all’ideologo della destra sovranista, che ne avrebbe utilizzato una parte per sue spese personali.
Le strade di Trump e di Bannon si erano separate nell’agosto del 2017, quando fra i due ‘ruppero’, salvo poi restare in contatto. Giornalista, ideologo, cineasta, estro e polivalenza, Bannon, 68 anni, era subito tornato alla guida del sito di destra Breitbart da lui creato e di cui era stato responsabile prima di guidare la campagna di Trump.
Nei mesi trascorsi insieme alla Casa Bianca, Bannon, che era stato l’ispiratore del ‘muslim ban’, s’era già sfilato dal presidente, criticandolo da sinistra – lui, un suprematista – sul razzismo e contestandolo sulla Corea del Nord (quella era la fase degli insulti tra il magnate e Kim Jong-un). Ma ora le strade del magnate e dell’ideologo del populismo potrebbero ricongiungersi.