Ha sempre tenuto aggiornate le liste degli amici e dei nemici, dei favori fatti e di quelli ricevuti: liste ormai lunghissime, perché Nancy Pelosi nata D’Alessandro, italo-americana, cinque figli, è ininterrottamente deputata della California dal 1987. Quell’anno, vinse un’elezione suppletiva; e, poi, è stata rieletta 16 volte, spesso con oltre il 70% dei voti.
Il suo distretto, che nel tempo ha mutato numero e confini, comprende il centro di San Francisco: è tra quelli più saldamente democratici di tutta l’Unione – mai repubblicano dal 1949 -. Originaria di Baltimora, Nancy, non ha mai dovuto confrontarsi con un candidato repubblicano temibile: la sfida più difficile fu la prima, quando superò di misura il supervisore di San Francisco Harry Britt, un democratico. Dopo, tutto è sempre filato liscio come l’olio.
Ormai 80 anni compiuti, la Pelosi è stata rieletta domenica speaker, cioè presidente, della Camera: 216 voti a favore, 208 contro, democratici contro repubblicani, senza defezioni – una dozzina gli assenti -. Più difficile, le era stato ottenere la nomination del suo partito: è la leader dei democratici alla Camera dal gennaio del 2003; ed è stata già a tre riprese presidente della Camera, le prime due dal 2007 al 2011 e la terza dal 2019 a oggi, cioè quando i democratici erano maggioranza. Fino all’elezione a vice-presidente di Kamala Harris, era la donna di più alto rango nelle Istituzioni Usa.
L’inaugurazione del Congresso s’è svolta senza pompa causa pandemia: oltre 50 congressman sono già risultati positivi e un giovane deputato repubblicano della Louisiana, Luke Letlow, 41 anni, ne è morto poco dopo essere stato eletto e prima di riuscire a giurare.
Fra i deputati democratici della 117° legislatura della Camera Usa, specie fra quelli di sinistra, c’era voglia di nuovo. Alla fine, però, l’ha ancora spuntata lei, probabilmente per l’ultima volta. Forse, nel darle luce verde, i suoi potenziali rivali si sono fatti qualche calcolo: nelle elezioni di ‘midterm’, la tradizione è che il partito del presidente perda il controllo della Camera e un nuovo leader avrebbe rischiato di bruciarsi fra due anni.
Acerrima avversaria di Donald Trump, la Pelosi non ha azzeccato tutte le mosse negli ultimi anni: la sua ostinazione nel mettere sotto impeachment il presidente per il Kievgate, dopo averlo lasciato uscire ‘pulito’ dal Russiagate, avrebbe probabilmente regalato la riconferma al magnate, se non fosse arrivata la pandemia da coronavirus a seminare la morte nell’Unione e ad azzoppare l’economia.
Anche le elezioni non sono andate benissimo: i democratici hanno conservato la maggioranza, ma hanno perso una dozzina di seggi alla Camera.
Con il presidente eletto Joe Biden, 78 anni, e il leader dei senatori democratici Chuck Schumer, 70, la Pelosi rappresenta una ‘vecchia guardia’ democratica, centrista e moderata, che non si fa da parte perché non ha ricambi, ma che al contempo non ha ricambi perché non s’è mai voluta fare da parte. Un discorso che vale anche per la sinistra progressista del partito, i cui leader, Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, hanno rispettivamente 79 e 71 anni: a dare loro il cambio potrebbero essere Alexandria Ocasio-Cortez e le sue sodali di ‘The Squad’, ancora, però, troppo giovani e molto aggressive.
Quello di Biden è il team dei vice promossi, dell’usato sicuro, della vecchia guardia. Pete Buttigieg, l’ex sindaco di South Bend nell’Indiana, ed ex aspirante alla nomination democratica, scelto come segretario ai Trasporti, è l’unico under 40, con i suoi 38 anni; gli altri sono tutti gente matura: più gli over 60 – 11 – che gli under 50 – cinque -.
Nel 2009, Biden, allora 66 anni, era il più anziano membro della prima Amministrazione Obama. Dodici anni dopo, Biden, nel frattempo 78 anni, è sempre il più anziano, ma ben cinque elementi della sua squadra sono più anziani di quanto lui fosse nel 2008: Janet Yellen, 74 anni, la segretaria al Tesoro, prima donna in quel ruolo, è la senior del team.
Certo, l’età è solo un fattore, Ma diventa significativo se si tratta di far entrare il partito democratico in una nuova era. In campagna, Biden s’è presentato come un “candidato di transizione”, il politico e l’uomo di Stato sperimentato e fidato che avrebbe dato modo e tempo ai nuovi talenti di sbocciare. Ma la sua Amministrazione non è un ponte fra le generazioni.
Gli ‘under 50’ scelti, oltre a Buttigieg, sono Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale, Katherine Tai, la ‘trade representative’, Miguel Cardona all’Istruzione e Michael Reagan all’Epa, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente.
Buttigieg a parte, nessun ha il profilo e l’ambizione del leader. E, fra gli aspiranti alla nomination sconfitti da Biden, la generazione di mezzo non è stata brillante: Beto O’Rourke, Cory Booker, Amy Klobuchar non sono mai stati protagonisti; e la stessa Kamala Harris, ora vice-presidente, dovette lasciare la corsa quando rimase senza soldi.
Ma l’establishment non è popolare. Nelle scorse notti, le case della Pelosi e di Mitch McConnell, leader dei senatori repubblicani sono state vandalizzate per la mancata approvazione dell’assegno anti-Covid da 2000 dollari – un’idea di Trump bocciata dai repubblicani -. Sulla porta del garage della Pelosi a San Francisco, sono apparse le scritte “2000 dollari”, “cancellare gli affitti” e “vogliamo tutto”, con del sangue – finto – e quella che poteva essere la testa di un maiale. Simboli che evocano la mafia per la leader italo-americana.