HomeMondoAccadde Domani: 2021, andrà tutto bene? Basterebbe tutto meglio

Accadde Domani: 2021, andrà tutto bene? Basterebbe tutto meglio

Scritto, in versioni diverse, per il blog de Il Fatto Quotidiano e pubblicato lo 01/01/2001 https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/01/cosa-ci-aspetta-nel-2021-lagenda-dalla-brexit-per-davvero-alla-fine-dellera-merkel-dalla-nuova-america-alla-sfida-del-recovery/6052412/, per AffarInternazionali.it e pubblicato lo =1/=1/021 https://www.affarinternazionali.it/2021/01/2021-andra-tutto-bene-basterebbe-tutto-meglio/ e per La Voce e il Tempo uscito il 31/12/2020 in data 03/01/2021, oltre che per il Corriere di Saluzzo dello 07/01/2021

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C’è un modo sicuro per evitare di illudersi su come sarà l’anno che verrà, il 2021: andare a leggere quel che gli astrologi dei giorni nostri ricavano dalle previsioni di Nostradamus. Tutti quelli – siamo tanti – che aspettano con impazienza la fine di questo funesto orribile 2020 avvertono di stare cadendo dalla padella nella brace: c’è dentro un po’ di tutto, sciagure e cataclismi, lutti e tragedie, nelle quartine de Le Profezie di Michel de Notre-Dame, medico, speziale, alchimista e astrologo francese del XVI secolo. Le sue previsioni sono costruire in modo talmente ambiguo da poter essere interpretate in molti modi: le letture catastrofiche e truculente prevalgono, forse perché impressionano di più – e forse perché sono un modo per esorcizzare le paure -.

Le sciagure di Nostradamus – Ecco, allora, quello che ci aspetterebbe nel 2021, almeno stando a una sintesi ben scritta che abbiamo trovato su Il Riformista, senza riuscire a risalirne alla fonte. Lasciamo perdere le carestie, i terremoti, le epidemie, le apocalissi e gli asteroidi formato ‘estinzione dei dinosauri’, che a ben cercarli si trovano sempre. Qualcosa di più preciso?, di più puntuale? “Uno scienziato russo potrebbe creare un’arma batteriologica, o un virus (guarda caso), che trasformerà tutta l’umanità in zombie, accostamento un po’ di circostanza tra John Le Carré e The Walking Dead. Spionaggio e horror” – più che una previsione, sembra un riassunto dell’ultima puntata -.

E ancora: “L’Europa potrebbe essere conquistata dall’Islam – e qui emerge l’ansia degli attentati dei fondamentalisti islamici, forse la paura maggiore del nostro Mondo prima dell’esplosione della pandemia -. E una tempesta solare potrebbe causare l’innalzamento del livello delle acque e innescare cambiamenti climatici e migrazioni di massa: l’incontro più nefasto tra The day after tomorrow e gli incubi di Greta Thunberg”.

Fra tanti déjà vus e incubi senza stagioni, una previsione ricorrente: il regno di Elisabetta II sarebbe agli sgoccioli. Il fatto è che l’età della sovrana, 94 anni, e la durata record del suo regno, 68 anni, un primato universale, rendono l’ipotesi plausibile senza passare per menagramo – l’abdicazione sarebbe probabilmente già avvenuta, se l’erede al trono Carlo non avesse creato dubbi sulla sua idoneità al ruolo -.

La voglia di speranza – Ma, dopo un anno come il 2020, nessuno vuole farsi guidare nel 2021 da una Cassandra: sarà l’anno del vaccino universale e del superamento della pandemia; l’anno del ‘si riparte’ con l’economia e del ‘ci si riprova’ con gli eventi lasciati indietro, viaggi e vacanze, cultura e sport, gli Europei di Calcio tra giugno e luglio e i Giochi di Tokyo tra luglio e agosto e, nella seconda metà d’agosto, i Mondiali di Atletica a Eugene nell’Oregon.

Le capitali della cultura europea saranno Timisoara (Romania), Elefsina (Grecia) e Novi Sad (Serbia). Il primo ottobre si aprirà l’Esposizione universale di Dubai negli Emirati arabi uniti: tema ‘Collegare le menti, creare il futuro’ – andrà avanti fino al 31 marzo 2022 -.

In Europa, sarà l’anno della Brexit per davvero, del Ricovery Fund, delle elezioni in Germania e dell’inizio di un ‘dopo Merkel’ che non ha ancora contorni precisi, mentre Portogallo e Slovenia si alterneranno alla presidenza del Consiglio dell’Ue. Nel Mondo, sarà l’anno dell’uscita di scena, o almeno dalla Casa Bianca, di Donald Trump e dell’insediamento di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti, del G7 sotto presidenza britannica e del G20 sotto presidenza italiana.

La democrazia e la pace – In Medio Oriente, dove Israele avrà in marzo le ennesime elezioni d’una fase tormentata della sua politica, gli Accordi di Abramo, cui pure Biden è favorevole, avranno ulteriori sviluppi, anche se non è detto che vadano nel senso d’una pace e sicurezza durature, poiché mirano a consolidare l’egemonia saudita e ad arginare l’influenza iraniana nell’intera Regione.

E se la democrazia non pare avanzare nel Mondo, tra nazionalismi, tribalismi e populismi, e se vi sono Paesi come la Libia dove le elezioni sono (e probabilmente resteranno) una chimera, il 2021 vedrà in ottobre le prime elezioni dell’Assemblea consultiva del Qatar: “un passo importante”, enfatizza l’emiro Tamim bin Hamad Al-Thani. Il Consiglio della Shura, attualmente non eletto, consiglia l’emiro sui progetti di legge, ma non crea una propria legislazione e le sue indicazioni possono essere annullate con un semplice decreto. Dopo le elezioni, i poteri del Consiglio saranno ampliati, con la possibilità di revocare ministri, proporre leggi e approvare il bilancio: piccolo, ma indubbio, allargamento degli spazi di democrazia nel Mondo.

E ancora Cina, Russia, il Brasile di Bolsonaro e il Venezuela di Maduro, le mille sfaccettature d’un 2021 da scoprire. Focalizziamoci sugli Stati Uniti del dopo Trump, l’Ue tra Brexit e approfondimenti dell’integrazione, la Germania del ‘salto nel buio’ – per un Paese che avrà avuto tre cancellieri in 40 anni -.

Gli Stati Uniti: il nuovo non è mai stato così vecchio – La squadra di governo di Joe Biden non è ancora completa, ma il profilo ne è già chiaro: un team di riserve promosse titolari, a partire dal capitano, anzi dal ‘comandante in capo’. Di solito, quando una nuova Amministrazione s’installa, bisogna scoprirne i volti nuovi. Stavolta, invece, si tratta solo di aggiornare le biografie.

Tutto questo usato sicuro, come in fondo è ‘Uncle Joe’, si può spiegare con il fatto che l’Unione, dopo avere sperimentato per un quadriennio l’improvvisazione e l’impreparazione al potere, deve affrontare sfide straordinarie, in economia, negli esteri, sul fronte della sanità; e che ci vuole quindi gente d’esperienza, che sa come amministrare e che lavora in sintonia con il deep State.

Il rischio, però, osserva Lisa Lerer sul New York Times, è che, mettendo insieme la stessa gente, si mettono di nuovo insieme le stesse idee, invece di produrne di nuove. Nella squadra di Biden, che s’insedierà il 20 gennaio, c’è un mix di genere e di etnie: molte donne – alcuni settori sono loro esclusiva, come ad esempio stampa e comunicazione della Casa Bianca -, molti neri, ispanici e asiatici, anche una nativa americana – una prima assoluta, Deb Haaland – e un ministro apertamente gay – pure una prima, Pete Buttigieg -. Il colore è il grigio della competenza: glamour zero. Politicamente, il centro sovrasta la sinistra.

Alcune scelte fanno già discutere, soprattutto quella del segretario alla Difesa, Lloyd J. Austin III, un generale nero in congedo, che avrà bisogno di deroghe per la conferma, se ci sarà, del Senato. Polemiche e punture di spillo testimoniano le difficoltà che Biden ha nel tenere insieme le anime di un partito diviso e diverso. Scegliendo uomini e donne al suo fianco, Biden è rimasto se stesso: un centrista e uno dell’establishment, con un’Amministrazione centrista e dell’establishment, che cerca il compromesso con i repubblicani, non lo scontro.

E’ una squadra della vecchia guardia. A parte Buttigieg, 38 anni, gli over 60 – 11 – sono più che gli under 50 – cinque -. Nel 2009, Biden, allora 66 anni, era il più anziano membro della prima Amministrazione Obama. Dodici anni dopo, Biden, nel frattempo 78 anni, resta il più anziano, ma ben cinque elementi della sua squadra sono più anziani di lui nel 2008: Janet Yellen, 74 anni, segretaria al Tesoro, prima donna in quel ruolo, è la senior del team.

Certo, l’età è solo un fattore, Ma diventa significativo se c’è da far entrare il partito democratico in una nuova era. Tutta la leadership democratica è avanti negli anni: Biden è il più anziano presidente mai eletto; Nancy Pelosi, la speaker della Camera, ha 80 anni; e Chuck Schumer, capo dei repubblicani al Senato, ne ha 70.

In campagna, Biden s’era presentato come un candidato di transizione: l’uomo politico e di Stato sperimentato e fidato che dia tempo e modo di sbocciare ai nuovi talenti del Partito democratico. Il suo team, però, non è un ponte fra le generazioni. Risponde all’urgenza di allontanare l’Unione dall’ ‘era Trump’: attenuarne la polarizzazione e restituirla al rispetto dei valori.

Unione europea: un’agenda zeppa – Rimettere in moto l’economia e fare ripartire la crescita con un esercizio di solidarietà innovativo, il Ricovery Fund, o meglio il Next Generation Eu; assorbire la Brexit senza troppi contraccolpi negativi, dopo l’accordo in extremis che ha evitato lo shock d’una separazione senza intesa; maneggiare le novità del nuovo bilancio settennale; e, infine, realizzare la Conferenza sul futuro dell’Europa che la pandemia ha ritardato, ma le cui conclusioni dovrebbero coincidere, l’anno prossimo, nel primo semestre, con la presidenza di turno francese del Consiglio dei Ministri dell’Ue. Senza contare priorità relegate dal coronavirus in secondo piano – l’immigrazione – o progetti cui il cambio della guardia a Washington rischia di mettere la sordina – l’Europa della Difesa -.

Ce n’è di cose da fare nel 2021, sull’agenda della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e del suo team: un percorso da affrontare con due presidenze di turno ‘piccole’, ma non deboli – soprattutto il Portogallo ben sperimentato – e con le incognite delle insidie all’integrazione che sempre vengono da Polonia e Ungheria, Paesi ‘parassiti’, che traggono dall’Ue tutti i vantaggi possibili, finanziari e normativi, ma non sono solidali con i partner e neppure rispettano valori fondamentali come lo stato di diritto e la libertà d’espressione.

Germania, la fine dell’ ‘era Merkel’ – Le elezioni in Germania del 26 settembre segneranno, inevitabilmente, la fine di un’era durata 16 anni: le quattro legislature di Angela Merkel, cancelliere senza interruzione dal novembre 2005, vincendo quattro elezioni consecutive. Nonostante il fallimento della sua delfina Annegret Kramp-Karrenbauer, la Merkel non intende ricandidarsi, ma il suo partito cristiano-democratico, che, con gli alleati bavaresi cristiano-sociali resta, nei sondaggi, la forza di maggioranza relativa, non ha ancora scelto chi proporre come cancelliere: lo farà il 16 gennaio, in un congresso virtuale, scegliendo fra aspiranti tutti deboli rispetto ad Angela, la cui popolarità personale (oltre l’80%) è più che doppia di quella del partito.

L’incognita pesa sui conservatori, sui tedeschi, sugli europei, sull’Atlantico, sul Mondo intero: chi governerà la Germania dopo la Merkel?, con i conservatori stagnanti, i socialdemocratici giù a picco, i verdi in ascesa, la destra in agguato; e che direzione prenderà in Europa, e nel Mondo, la Germania del ‘dopo Merkel’?, resterà orientata verso una ‘leadership riluttante’ o assumerà atteggiamenti più isolazionisti o più protagonisti? Le risposte le darà il 2021.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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