Al governo dei vice dei tempi di Barack Obama promossi titolari, a iniziare dal comandante in capo di riserva Joe Biden, il tassello più importante che ancora manca è il segretario alla Giustizia; anzi, probabilmente la segretaria alla Giustizia, dato che le favorite sono due donne, Sally Yates, 60 anni, ex vice di Loretta Lynch, e Lisa Monaco, 52 anni, ex zarina dell’antiterrorismo. Ma sono pure citati i nomi dell’ex direttore della Cia, Michael Morell, e del governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, ‘azzoppato’ dalla denuncia d’una collaboratrice in carriera – politica – che si sentiva turbata dai suoi sguardi e dai suoi commenti.
La Yates avrebbe già avuto il posto, se non fosse invisa ai repubblicani: rischia infatti la bocciatura, se il Senato sarà ancora controllato da loro – lo si saprà il 5 gennaio, dopo i referendum in Georgia: ieri, Biden è stato ad Atlanta, per sostenere i candidati democratici -.
Avvocato con una solida esperienza nella magistratura federale, la Yates fu ministro della Giustizia ‘facente funzioni’ per dieci giorni, all’inizio dell’Amministrazione Trump, in seguito alle dimissioni della Lynch. Il 30 gennaio, Donald Trump la licenziò per insubordinazione: la Yates si rifiutò di difendere in giustizia il cosiddetto ‘muslim ban’, che vietava l’ingresso negli Usa a richiedenti asilo provenienti da Paesi prevalentemente musulmani, considerandolo in contrasto con la Costituzione.
Ritornata dopo il licenziamento alla pratica privata, la Yates si fece allora nemici fra i repubblicani, che potrebbero ora bloccarne la nomina. Una preoccupazione che ha già indotto Biden, che vuole governare con il compromesso e non ‘muro contro muro’, a rinunciare a Susan Rice al Dipartimento di Stato, relegandola a un ruolo di politica interna non soggetto alla conferma del Senato.
Per un segretario alla Giustizia in arrivo, ce n’è uno che se ne va: lunedì, mentre si suggellava l’esito delle presidenziali, con il voto pro Biden del Collegio elettorale, Trump, che non ha tuttora riconosciuto la sconfitta, annunciava le dimissioni del segretario alla Giustizia William Barr.
Il posto di Barr sarà preso dal suo vice Jeff Rosen, che sarà sostituito da Richard Donoghue. Trump era ai ferri corti con Barr, che aveva negato brogli di massa nelle elezioni e che non aveva reso nota prima del voto l’inchiesta avviata nei confronti di Hunter Biden, il figlio di Joe. Ma, al momento della separazione, Trump, per una volta, non ha esacerbato i toni.
Il giorno dopo l’elezione formale del ticket Biden/Harris, il magnate presidente ripropone sui social la tesi dei brogli di massa. Il capo dei senatori repubblicani Mitch McConnell riconosce, invece, Biden presidente eletto, come hanno già fatto altri senatori. A sua volta, l’ex vice di Obama appare conciliante: “E’ ora di voltare pagina … Sarò il presidente di tutti gli americani”, dice, senza però esimersi dal criticare le rivendicazioni di Trump e dei repubblicani che ancora lo sostengono.
Biden ha ieri ricevuto le congratulazioni di Vladimir Putin, che, in un telegramma, gli ha augurato ogni successo, nella fiducia che la Russia e gli Stati Uniti, “che hanno una responsabilità speciale per la sicurezza e la stabilità globale”, possano, “malgrado le loro differenze”, cooperare “a risolvere molti problemi e sfide che il mondo sta affrontando”.
Il virologo Anthony Fauci suggerisce che Biden e la Harris si facciano vaccinare al più presto contro il coronavirus. La raccomandazione di Fauci coincidono con le preoccupazioni per la salute di Biden ravvivate dalla tosse e dalla raucedine esibite lunedì sera, nel discorso della vittoria. “E’ solo un po’ di raffreddore”, tranquillizza il presidente eletto, che, a 78 anni, è un soggetto a rischio.
Fronte Trump, Ivanka Trump potrebbe candidarsi in Florida per il Senato sfidando nelle primarie Marco Rubio. Pensa e un futuro politico anche Donald Trump Jr, il primogenito del presidente, che piace molto alla base conservatrice del partito repubblicano e che, diversamente da Ivanka, condivide le rozzezze del padre.