“Faithless electors”, “Elettori infedeli”: si chiamano così i Grandi Elettori del Collegio elettorale degli Stati Uniti che votano in disaccordo con il mandato loro affidato dai cittadini del loro Stato. Donald Trump doveva sperare che ce ne fossero almeno 37, fra i 306 comandati ieri a pronunciarsi per Joe Biden: un’ipotesi irrealistica, perché, a ogni elezione, i ‘faithless electors’, se ve ne sono, sono poche unità; e non hanno mai condizionato la scelta del presidente – anche se una volta ci andarono vicini -.
Ieri, i 538 Grandi Elettori, riunitisi in ciascuna delle capitali dei 50 Stati e nella capitale federale, hanno messo il loro sigillo sulla vittoria di Biden, che, sulla scorta dei risultati elettorali certificati, aveva acquisito 306 voti nel Collegio elettorale contro i 232 di Trump – la soglia per vincere è 270.
La Costituzione contempla il caso di ‘elettori infedeli’ fra i Grandi Elettori, ma il margine di Biden era tale da escludere sorprese. Molti Stati – 33 più il Di stretto di Colombia – hanno leggi che vincolano i Grandi Elettori a votare chi s’è aggiudicato il voto popolare. E una recente sentenza della Corte Suprema, che ne richiama una del 1952, consente agli Stati di sanzionare o rimuovere gli elettori infedeli. Sanzioni furono adottate nel 2016 contro dieci ‘infedeli’.
Tra i Grandi Elettori di questa tornata, c’erano nomi illustri, come Bill e Hillary Clinton nello Stato di New York, Stacey Abrams in Georgia e, fra i repubblicani, Kristi Noem, governatrice del South Dakota e possibile aspirante alla nomination repubblicana nel 2024.
I voti espressi in ogni Stato una volta contati e certificati saranno trasmessi al presidente del Senato, il vice-presidente Mike Pence. Le schede dovranno arrivare a Washington entro il 23 dicembre, mentre il conteggio ufficiale con la proclamazione del nuovo presidente e del nuovo vice-presidente lo farà in seduta plenaria il nuovo Congresso il 6 gennaio, tre giorni dopo essersi insediato.
In quella sede potrebbero ancora esserci contestazioni ma è altamente improbabile un ribaltamento del voto in uno o più Stati, che richiede il consenso di entrambi i rami del Congresso – la Camera è già in mano ai democratici; il controllo del Senato dipende dall’esito dei ballottaggi del 5 gennaio -.
A quel punto, non resterà che l’Inauguration Day del 20 gennaio, quando Joe Biden e Kamala Harris giureranno e si insedieranno alla Casa Bianca. Quel giorno, Trump ha già programmato un comizio in Florida, per annunciare la sua candidatura a Usa 2024.
Ogni Grande Elettore vota sia per il presidente che per il vice-presidente – almeno uno dei due deve risiedere in uno Stato diverso da quello dell’elettore -. E proprio questo meccanismo di doppio voto è all’origine dell’unico vero ‘incidente di percorso’ nella storia del Collegio elettorale: nel 1796, oltre due secoli or sono, dei Grandi Elettori affiliati al Partito federalista votarono per il candidato del partito alla presidenza, John Adams, contribuendo alla sua elezione a secondo presidente, ma non votarono per il suo vice Thomas Pinckney. Adams ebbe 71 voti e Pinckney solo 59; cosicché, per le leggi dell’epoca, divenne vice-presidente Thomas Jefferson, candidato presidente dei rivali, democratico-repubblicani – Jefferson sarebbe poi divenuto il terzo presidente degli Stati Uniti -.
In un’altra occasione, nel 1836, i 23 Grandi elettori della Virginia, che dovevano votare come vice il democratico Richard Mentor Johnson, in ticket con Martin Van Buren, votarono, invece, l’ex senatore William Smith, così che Johnson non ebbe la maggioranza necessaria. Il Senato procedette, però, a un’elezione suppletiva, in accordo con il 12° emendamento della Costituzione, e Johnson, alla fine, divenne vice-presidente.
Dei 23.529 Grandi Elettori che, fino a ieri, si erano pronunciati in un’elezione presidenziale, solo 165 sono stati ‘infedeli’, molto meno dell’1%; e quasi la metà, 71, lo fece perché il loro candidato era nel frattempo deceduto – 63 elettori del Partito democratico nel 1872, quando Horace Greeley morì, e otto repubblicani nel 1912, quando il vice-presidente designato James S. Sherman morì.
Nel tempo, vi sono state contestazioni su ruolo del Collegio Elettorale e dei Grandi Elettori, specie dopo che per due volte dal 2000 è stato eletto presidente il candidato che ha perso il voto popolare (prima, era successo due sole volte in oltre due secoli). Ma una riforma del sistema non pare probabile; e il vincolo di voto dei Grandi Elettori è giustificato dalla Corte Suprema con il fatto che essi agiscono da funzionari dello Stato più che da liberi cittadini.
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Non si sono svolte in un clima del tutto sereno le riunioni dei Grandi Elettori del Collegio elettorale, che hanno ieri formalmente eletto Joe Biden presidente degli Stati Uniti; aizzati da Donald Trump, sostenitori del presidente sconfitto hanno creato tensioni in vari Stati. Così, le autorità del Michigan hanno chiuso al pubblico il Parlamento e gli uffici di Camera e Senato, adducendo credibili minacce “di violenza”: nello Stato, vinto da Biden il 3 novembre, ma strappato da Trump ai democratici nel 2016, estremisti di destra avevano già progettato di rapire la governatrice democratica e ‘pro lockdown’ Gretchen Whitmer.
Mentre i Grandi Elettori votavano, Trump non ha cessato di denunciare come “illegittima” l’elezione di Biden In un’intervista alla Fox News, il presidente uscente ha affermato: “Continueremo ad andare avanti nella nostra lotta”, Il magnate non ha la minima intenzione d’ammettere la confitta: rilancia, in tv e su Twitter, le accuse di “elezioni truccate”, “le più corrotte della storia americana!”, enfatizzando che in alcuni Stati sono stati contati i suffragi di deceduti – cosa che, inevitabilmente, avviene in tutte le elezioni -.
Trump dunque non molla, nonostante la sua campagna abbia incassato solo sconfitte in sede legale. Ieri, la Corte Suprema del Wisconsin ha respinto per la seconda volta il tentativo di invalidare oltre 200 mila voti. La corte, che ha un orientamento conservatore, ha deciso con quattro sì e tre no.
S’è intanto precisato il bilancio delle manifestazioni di sabato pro-Trump in molte città dell’Unione: violenze e scontri con contro-manifestanti; spari a Olympia, capitale dello Stato di Washington; diversi accoltellamenti; decine di arresti.
Le riunioni e il voto del Collegio elettorale ha coinciso con l’inizio delle vaccinazioni anti-Covid19, di cui Trump s’è subito arrogato il merito. Negli Stati Uniti, la pandemia ha raggiunto un’intensità senza precedenti, con un milione di contagi in quattro giorni e oltre tremila decessi ogni 24 ore – una 11 Settembre ogni giorno -. Secondo i dati della John’s Hopkins University, alle 12.00 di ieri sulla East Coast, si contavano nell’Unione 16.308.000 contagi e quasi 300.000 decessi –.
New York, che era stata l’epicentro della prima ondata dell’epidemia negli Stati Uniti, è stata prima al traguardo delle vaccinazioni. Ma nella Grande Mela tiene banco l’accusa di molestie sessuali mossa da una ex collaboratrice al governatore dello Stato Andrew Cuomo, in corso per la Giustizia nell’Amministrazione Biden. Lindsey Boylan, candidata a presidente del municipio di Manhattan, sostiene che Cuomo abbia fatto appezzamenti verbali sul suo aspetto fisico. Cuomo nega: “Non c’è nulla di vero”.