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Usa 2020: nomine, Biden con la Rice non fa percorso netto

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/12/2020

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A Joe Biden non riesce il percorso netto, nel mettere insieme la squadra che guiderà gli Stati Uniti nel quadriennio 2021-’25: più che la ‘Biden 1’, la nuova Amministrazione sembra la ‘Obama 3’, zeppa com’è di molti vice promossi titolari – proprio come Biden -. Nella foto di famiglia mancava Susan Rice: Biden le ha trovato uno strapuntino, più che una poltrona.

Il presidente eletto ha dimostrato molta attenzione agli equilibri di genere ed etnici, con una sovra-rappresentazione – rispetto al passato – di donne, neri e ispanici. Ma ha finora lasciato poco spazio alla sinistra progressista, il cui impegno alle urne è stato essenziale per la sua elezione – come fu decisivo nel 2016 il disimpegno nei confronti di Hillary Clinton -.

In un incontro con leader dei movimenti per i diritti civili, Biden ha anzi avvertito la sinistra che non intende attuare la sua agenda “a colpi di decreto”, ma lavorando col Congresso “a scelte che siano durature” – il che comporta compromessi ed esclude radicalismi -.

Una delle figure d’inciampo è proprio la Rice, cui Biden aveva pensato come segretario di Stato, ma che è stato costretto a confinare alla presidenza del Consiglio di politica interna, dove pare un po’ un pesce fuor d’acqua.

Della Rice, 56 anni, la competenza e l’esperienza fronte esteri sono indiscutibili: è stata consigliere per la sicurezza nazionale e rappresentante degli Usa all’Onu nei due mandati Obama. Era stata, però, oggetto di pesanti critiche, con l’allora segretario di Stato Hillary Clinton, per la gestione dell’attacco contro il consolato statunitense a Bengasi nel 2012 – quattro le vittime Usa, fra cui l’incaricato d’affari Chris Stevens, un agente dei servizi e due marines -.

Quell’episodio rendeva improbabile una conferma della Rice da parte del Senato. Ragion per cui Biden, che evidentemente voleva – o doveva? – utilizzarla, le ha trovato un ruolo che non richiede approvazione del Senato. Amica di Biden, che di lei si fida, la Rice, che è nera, dovrà occuparsi dell’attuazione del ‘Build Back Better’, il piano del presidente eletto per la ripresa economica: terreno già occupato, però, da figure importanti, come il segretario al Tesoro Janet Yellen, cui non sarà facile sottrarre competenze.

La Rice non è, però, l’unica scelta discussa. Le verifiche dei media, temibili quanto quelle di Cia e Fbi, hanno scovato scheletri finanziari nell’armadio di Antony Blinken, segretario di Stato designato, e hanno pure messo in crisi il generale Lloyd Austin, designato segretario alla Difesa.

Suscita malumori, fra i progressisti e i neri, anche la conferma all’agricoltura di Tom Vilsack, che già ricoprì il ruolo con Obama. Invece, l’estromissione dal ‘team Biden’ di Michele Flournoy, che pareva destinata alla Difesa e che paga il suo ruolo nella globalizzazione finanziaria, appare forse l’unica – finora – concessione alla sinistra progressista.

Vale per gli uomini come per i programmi. Parlando coi leader dei diritti civili, il presidente eletto li ha in particolare invitati a essere cauti sul fronte della riforma delle forze di polizia, avvertendo che lo slogan ‘Defund the Police’ può compromettere l’esito dei due ballottaggi di gennaio in Georgia, dove democratici e repubblicani si giocano il controllo del Senato.

In un audio registrato durante l’incontro a porte chiuse, Biden giudica “ben al di sopra” dell’autorità d’un presidente le richieste dei progressisti: “Rovescerò le decisioni che Trump ha preso per decreto invece di cercare l’assenso del Congresso”, dice, “ma non violerò a mia volta la Costituzione”.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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