In Medio Oriente gli effetti della pandemia da coronavirus si sommano ad anni di crisi politiche, finanziarie e guerre. Non in tutti i Paesi, ma in Nazioni come quella siriana e libanese il virus si insinua nelle crepe del sistema portando a fatti di cronaca infelici.
In Siria la pandemia mette a dura prova un popolo già distrutto. L’emergenza siriana, infatti, non nasce con la diffusione del Covid-19, ma ora il Paese potrebbe andare incontro a una catastrofe sanitaria, soprattutto nel caso in cui i campi profughi venissero invasi dal virus.
Enab Baladi, organizzazione no-profit siriana, ha da poco denunciato le diffuse convinzioni sociali che considerano alcune malattie “vergognose”. Nel suo giornale, l’organizzazione ha intervistato Muhammad Salloum, un ricercatore sociale siriano, il quale ha dichiarato che le persone ritengono i pazienti positivi responsabili delle loro infezioni perché non disciplinati nel seguire le principali misure di prevenzione.
D’altronde, lo stesso giornale, ha denunciato l’alto costo dei dispositivi di sicurezza non sostenibile per i cittadini. Infatti, Muhammed Hallaj, direttore del Gruppo di coordinamento per la risposta sanitaria in Siria, ha affermato che il prezzo di una mascherina è di 1.000 sterline siriane nonostante la paga giornaliera media sia inferiore a 3.000.
Connesso al destino siriano vi è quello di un altro Paese, il Libano, che accoglie i rifugiati siriani ormai da anni. AlAman.com ha comunicato che il Paese affronterà ora un lockdown di quasi due settimane, per limitare i contagi e far riprendere il settore ospedaliero.
In proposito Al Jazeera ha riportato l’inferno che vivono le donne con disabilità nei campi libanesi. La storia di Marwa, rifugiata siriana non vedente, è il racconto di una speranza interrotta: aveva appena iniziato il suo inserimento nella società e stava imparando il braille quando la pandemia l’ha costretta a isolarsi. La donna ora dipende solo dalla madre “Mia madre ha usato tutto quello che avevamo per garantirmi una protezione adeguata; vuole sterilizzare tutto ciò che tocco”.
Marwa, come centinaia di rifugiati in Libano, vive alla luce di una nuova emergenza sanitaria nel mezzo di una crisi finanziaria in aggravamento, in un campo sovraffollato dove è difficile attuare il distanziamento sociale e l’autoisolamento.
Altrove nel mondo islamico, il Tehran Times annuncia un imminente lockdown che bloccherà l’Iran per due settimane. Sulle pagine dello stesso quotidiano, viene raccontata una storia dal sapore dolceamaro. È diventata virale la foto di una maestra in video-lezione costretta su un letto d’ospedale perché positiva al Covid-19. Maryam Arbabi, insegnante di Garmeh, è morta dopo giorni di lotta contro il virus lasciando dietro di sé un messaggio di grande altruismo in tempi così duri.
Nel Paese, infatti, è scoppiata una terza ondata da Covid-19 descritta da molti come “l’autunno nero”. I media locali ne danno notizia rendendo noti i contagi e le situazioni di assembramento che si verificano nel Paese.
La pandemia ha messo a nudo la fragilità di questi territori, il Medio Oriente e l’intero Islam, amalgamandosi con tutte le crisi già in atto e finendo ben presto nel calderone di notizie, che, seppur drammatiche, non fanno più notizia.
Daily Pac, Cresencia Castillo Portoreal, Andrea Colista, Simone Giuliani, Lucrezia Martino, Leonardo Pacenti, Giulia Sartori