“Almeno 243 mila persone sono morte a causa del coronavirus negli Usa”. Chissà come risuona questo titolo del New York Times nella testa di chi a febbraio aveva confidato nelle rassicurazioni sul virus di Donald Trump. Però mentre il presidente esplicitava la sua assenza di preoccupazioni, le principali testate statunitensi già dimostravano di non sottovalutare la rilevanza del virus che si stava diffondendo in Cina.
È il New York Times, a fine gennaio, uno dei primi giornali ad esprimersi sulla vicenda, attraverso il cosiddetto “Anti-Chinese sentiment” che andava avanzando nell’Unione, ancora ignaro che solo due mesi dopo sarebbe diventata la prima Nazione al mondo per numero di contagi. Sensazioni, invece, negative e allarmanti per il Wall Street Journal, che il 25 gennaio titolava: “Gli ospedali degli Usa non sono pronti per il coronavirus”.
La curva dei contagi è iniziata a salire dalla fine di marzo, divenendo in poco tempo incontrollabile. La gestione pandemica di Trump è stata negativa e soggetta a varie critiche da parte dei media.
Emblematico da questo punto di vista, l’articolo del 21 marzo di The Atlantic, in cui si paragonava il virus ad una catastrofe. Dura la critica nei confronti del governo, reo di aver intrapreso delle azioni illogiche e inadeguate, quando a Wuhan il virus stava già prendendo sempre più quota. In particolare veniva criticato il divieto di ingresso nel Paese per gli stranieri provenienti dalla Cina, che tralasciava ogni preoccupazione per gli americani che ritornavano dal paese asiatico.
Critiche anche nei confronti di Trump, che derise il virus definendolo una bufala dei democratici. Contro la gestione pandemica del presidente si è scagliato anche un editorialista del New York Times, Paul Krugman. Quest’ultimo il 6 luglio, nell’editoriale “Come l’America ha perso la guerra contro il Covid-19”, affermava senza mezzi termini che la causa di tale sconfitta era la pessima gestione di Trump.
Anche durante le elezioni statunitensi la pandemia ha recitato un ruolo da assoluta protagonista, spingendo tantissimi elettori ad esprimere il loro voto tramite posta; evento che è stato criticato e strumentalizzato dallo sconfitto Trump. Restando in tema elezioni, in un articolo del 2 novembre scorso il Los Angeles Times ha avanzato un’indagine proposta da alcuni ricercatori di Stanford, secondo cui i comizi elettorali fatti da Trump hanno avuto delle conseguenze molto pesanti, provocando ben 30 mila contagi e almeno 700 morti per covid-19.
La più recente novità è il vaccino annunciato dalla società farmaceutica Pfizer e che ancora deve superare l’ultima fase di sperimentazione. Il Los Angeles Times negli ultimi giorni ha sottolineato che somministrare il vaccino è per gli Usa una grande e ulteriore sfida, in quanto c’è bisogno di due presupposti: in primis elaborare metodi per monitorare chi è stato vaccinato e quante dosi ha ricevuto, e in seguito assicurarsi che tali vaccini vengano consegnati in modo sicuro e protetto. Un vaccino che, dunque, non sembra curare le preoccupazioni che si annidano tra gli americani.
In definitiva, se la gestione politica del virus negli USA è stata discutibile e carente, lo stesso non si può dire del racconto mediatico, che ha quotidianamente messo in evidenza queste lacune ed ha riportato violentemente con i piedi per terra quei cittadini che speravano nelle parole ottimiste dell’ex-presidente.
All Coris News, Niccolò Bambini, Sandro Caramazza, Michele Di Vincenzo, Lisa Giffoni, Giovanni Lupis, Matteo Maiorano