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Covid, la ricaduta – Asia centrale, dove il pericolo sembra non esistere

Scritto per Il Settimanale del Corso di giornalismo internazionale 2020 Coris - numero 1 del 16/11/2020

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C’è una parte del mondo che, ogni giorno, guarda con timore l’andamento dei bollettini della pandemia di coronavirus, le prime pagine dei quotidiani, le aperture delle principali testate giornalistiche. E poi ce n’è un’altra, l’Asia centrale, in cui le notizie principali dei media riguardano la particolarità della frutta esotica cinese.

Il caso più emblematico di questo paradosso è dato dal Turkmenistan. Nell’ex Repubblica sovietica i casi di coronavirus registrati dalle autorità sono ufficialmente zero. Zero contagi, zero decessi, zero ricoveri. Un miracolo, apparentemente. Al punto che sui media, di cui il Governo è direttamente proprietario, la parola coronavirus semplicemente non compare. È il caso, ad esempio, del quotidiano Neytralny Turkmenistan, in cui le notizie spaziano dall’esaltazione del Governo a imperdibili approfondimenti sulla frutta esotica cinese. La sola voce fuori dal coro è quella di Turkmen Yurt TV, una testata online indipendente che, però, ha sede all’estero. I numeri della pandemia, qui, sono ben altri: più di 200 mila casi totali e oltre 50 mila decessi.

La situazione non è delle migliori nemmeno nel vicino Uzbekistan. Se da un lato, infatti, cifre ufficiali sui casi di coronavirus quantomeno esistono (oltre 69.000 casi accertati), dall’altro vi è chi, come il direttore dell’Agenzia anti-corruzione Akmal Burkhanov, le reputa quantomeno ottimistiche.

Del resto, è proprio l’ottimismo a dominare i racconti dei principali quotidiani d’informazione uzbeki. Tanto Khalq Sozi quanto Pravda Vostoka non solo sono scarsamente aggiornati, ma presentano dati estremamente frammentari, al punto che, nel primo caso, l’ultimo bollettino risale a marzo.

Anche in Russia i dati sono pochi e approssimativi. Secondo la Johns Hopkins University, i casi confermati da inizio pandemia supererebbero gli 1,8 milioni, mentre i decessi si aggirerebbero intorno ai 30mila. E un netto peggioramento si sarebbe verificato negli ultimi mesi. Eppure, sui media, il Covid passa in sordina. Si parla del virus in relazione agli Usa o a questioni di politica estera. Sia su The Moscow Times che su Russia Today molte delle notizie relative al Covid riguardano i vaccini, spesso screditandone i progressi occidentali. Situazione analoga sulla Pravda e sulla Gazeta.

In Cina, dove il virus sembra effettivamente debellato, le notizie locali sono poche. I casi da inizio pandemia sono circa 90 mila, mentre i morti quasi 5mila. Nelle home page del Global Times e del Quotidiano del popolo le poche informazioni riguardano l’estero; qualche accenno al versante interno si ha sul China Daily. In assenza di sezioni dedicate, è necessaria una ricerca mirata per raggiungere notizie sul Covid. Relativamente frequenti le notizie sui vaccini.

La Cina, culla del virus, fa da spettatrice. La Russia fornisce le informazioni essenziali, dando un ‘assaggio’ del problema ai suoi cittadini. E in Asia centrale il virus sembra proprio non esistere. Da come la raccontano, vien quasi voglia di trasferircisi.

#Sempresulpezzo, Federica Concas, Denise de Lazzer, Ilaria Marciano, Valeria Pantani, Alexandra Suraj, Pasquale Videtta

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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