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Covid, la ricaduta – Africa, come i media (non) ne parlano

Scritto per Il Settimanale del Corso di giornalismo internazionale 2020 Coris - numero 1 del 16/11/2020

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‘Lockdown totale. E nazionale: la terrificante conferma dagli 007, la data (imminente) per una nuova serrata’ [Libero, 10 novembre 2020] ‘Non è il Covid che cambierà l’aspettativa di vita in Africa [Jeune Afrique, 3 novembre 2020].

La malattia di cui questi due giornali parlano è la stessa: Covid-19. Complici le differenze di stampo economico-amministrativo e culturale, il sistema mediatico italiano e africano sembra sistemarsi su poli opposti.

Quando è iniziata la pandemia, la reazione istintiva è stata quella di puntare gli occhi verso l’Africa Subsahariana e sulla possibile strage che poteva verificarsi in quel territorio. Se i continenti fossero dei pazienti, l’Africa sarebbe, con tutte le sue forti patologie pregresse, un soggetto immunodepresso. Tuttavia, oggi l’Africa risulta essere uno dei continenti meno colpiti dal virus. I contagi sono circa 12 mila al giorno, concentrati negli Stati più occidentalizzati come Sudafrica e Nigeria.

Ma quali sono i segreti dietro questa ‘anomalia’? Sicuramente alcune caratteristiche della società africana, come l’età media ridotta della popolazione, la maggior possibilità di mantenere il distanziamento sociale e gli spostamenti praticamente inesistenti, unite al clima caldo del territorio, hanno impedito al virus di proliferare. Inoltre, il primo caso di coronavirus in Africa è stato registrato solo il 14 febbraio, quindi i singoli Paesi hanno avuto più tempo per attuare misure restrittive.

I dati relativi ai contagi sembrano approssimativi, i tamponi eseguiti sono pochi e di conseguenza la situazione appare poco grave. Ciò si riflette su come l’andamento del virus in Africa viene percepito e poi raccontato dai media.

Dall’analisi delle fonti, si nota che l’attenzione al coronavirus è stata minore rispetto ai media europei. I giornali tendono a usare gli stessi grafici, senza approfondire o contestualizzare i dati. Un esempio è il Mail & Guardian, tabloid sudafricano, in cui le notizie sul Covid-19 sono marginali e surclassate da altre incentrate su povertà o conflitti politici. È presente però un richiamo in prima pagina che rimanda a una sezione dedicata agli aggiornamenti sulla pandemia, a differenza invece di altri giornali africani, come il The Nation di Nairobi.

La testata kenyana riporta soltanto i dati relativi ai contagiati, ai decessi, ai ricoverati e ai tamponi eseguiti. Anche in una tv all news africana, Africa24media, è riscontrabile lo stesso trend. C’è la sezione dedicata al coronavirus, ma non incentrata sui casi, bensì sulle conseguenze del virus nella vita quotidiana. Ad esempio: ‘In Kenya bar e ristoranti possono ripartire’. Una peculiarità è riscontrabile nella rivista Jeune Afrique, dove è presente una mappa dettagliata sulla situazione del Covid in ogni stato africano.

I media africani sono lo specchio di un continente segnato da conflitti interni e altre malattie presenti da più tempo, come Aids ed ebola. Con l’Etiopia vicina alla guerra civile e gli ultimi scontri in Nigeria – questioni apparentemente più urgenti – l’attenzione mediatica non può e non riesce a soffermarsi solo sulla pandemia.

Il Sapientino, Martina Bovetta, Marta Cecconi, Andrea Gigante, Jessica Maglione, Chiara Manetti

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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