HomeUSA 2020Usa 2020: Stati in bilico, Trump non può perderli, Biden deve vincerli

Usa 2020: Stati in bilico, Trump non può perderli, Biden deve vincerli

Scritto per Il Fatto Quotidiano del lo 03/11/2020

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Grandi Elettori e Stati in bilico, che tormento! Donald Trump 306, Hillary Clinton 232: è il risultato di Usa 2016 espresso, come si deve, in termini di Grandi Elettori. Per conquistare la Casa Bianca, ce ne vogliono almeno 270 su 538: ogni Stato ne ha un numero pari ai suoi rappresentanti in Congresso e quindi con qualche correttivo proporzionale alla popolazione. Chi vince, anche solo d’un voto, in uno Stato ne prende tutti i Grandi Elettori. Joe Biden, dunque, per rimpiazzare alla presidenza Donald Trump deve conservare tutti gli Stati che furono di Hillary – e tutto indica che lo farà – e conquistare almeno altri 38 Grandi Elettori.

Per il candidato democratico, il terreno di battaglia cruciale sono il MidWest e i Grandi Laghi: Pennsylvania, il suo Stato natale, 20 Grandi Elettori, Michigan 16, Wisconsin 10, totale 46, Se si riappropria del ‘muro blu’ dell’America manifatturiera, dell’auto e della siderurgia, Biden conquista la Casa Bianca.

Nel 2016, quel muro crollò sotto le lusinghe del magnate candidato (e poi presidente), un’America ‘di nuovo grande’ e posti di lavoro ritrovati. Meno di 75 mila voti in tutto consegnarono quei 46 Grandi Elettori a Trump e li sottrassero alla Clinton: 11 mila nel Michigan, 23 mila nel Wisconsin, 44 mila in Pennsylvania, dove Trump ha ieri ricevuto in extremis l’endorsement della Pittsburgh Post-Gazette, mai più pronunciatasi a favore di un repubblicano dal 1972.

Secondo guru e analisti, gli Stati in bilico di Usa 2020 sono sei/otto – i tre già indicati, più Ohio (18 Grandi Elettori) e Florida (29), swinging States per antonomasia, e ancora Iowa (6), North Carolina (15) e Arizona (11) -. Qualcuno aggiunge pure Texas (38) e Georgia (16), ma pare difficile che Biden rovesci lì una radicata tradizione repubblicana: lo facesse, la sua vittoria potrebbe assumere dimensioni inaspettate.

In Georgia, dove eccezionalmente si assegnano entrambi i seggi al Senato – due le elezioni suppletive in questa tornata, in Arizona e appunto in Georgia -, i democratici potrebbero conquistarne uno (e sarebbe già un risultato storico); in Texas, bisognerà forse attendere che l’evoluzione demografica in senso ispanico sia più radicata – e, tra l’altro, gli ispanici si vanno ‘repubblicanizzando’ -.

Dieci, otto o sei che se ne vogliano contare (anche Ohio e Iowa sembrano propendere per Trump), tutti gli Stati in bilico di Usa 2020 furono vinti dal magnate nel 2016. Il che significa che, salvo clamorose sorprese, i 232 Grandi Elettori della Clinton restano assicurati a Biden, mentre Trump deve difendere i suoi. E se perde quello che, prima di lui, era il ‘muro blu’, è finita.

Il che spiega l’estrema attenzione dedicata da entrambi i candidati a quegli Stati nelle ultime battute della campagna elettorale: Biden non ha certo ripetuto l’errore della Clinton, che diede il Michigan per acquisito e ci andò poco, consegnandolo di fatto a Trump. Gli ultimi sondaggi alimentano l’incertezza: il vantaggio di Biden a livello nazionale cala al 6,5%, nella media di RealClearPolitics,  e negli Stati in bilico scende sotto il 3%, al 2,7%, nei margini d’errore.

Negli Stati Uniti, non c’è, come da noi, la giornata del silenzio elettorale, prima del voto. Trump e Biden potevano, quindi, fare campagna fino all’ultimo, ripetendo ovunque slogan e promesse. In modo parossistico, il presidente, che è uscito dalla positività al coronavirus con energie decuplicate e che, tra domenica e lunedì, ha fatto dieci comizi, in sette Stati: obiettivo, evitare di diventare il primo inquilino della Casa Bianca ‘sfrattato’ dopo un solo mandato dopo George H. W. Bush nel 1992. In modo più rarefatto Biden, che ha chiuso in Pennsylvania con la sua vice Kamala Harris e con Lady Gaga e John Legend: Biden “è il presidente di cui il Paese ha bisogno per unirsi”, twitta Lady Gaga, postando una foto con il candidato democratico.

Gli americani hanno già votato in massa, molto spesso per posta: prima dell’Election Day, erano quasi cento milioni ad averlo fatto, circa i tre quarti del totale dell’affluenza del 2016.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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