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Usa 2020: Trump positivo, le 72 ore che potevano cambiare la corsa

Scritto per La Voce e il Tempo uscito lo 08/10/2020 in data 11/10/2020 e, in altra versione, per il Corriere di Saluzzo dello 08/10/2020

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72 ore che potevano cambiare il mondo, ma che non hanno cambiato Donald Trump: sono le 72 ore trascorse dal presidente americano all’ospedale militare Walter Reed di Bethesda, nel Maryland, alle porte di Washington, perché positivo al coronavirus e sintomatico, febbre alta, almeno due crisi respiratorie, brutta storia per un uomo di 74 anni, sovrappeso e con qualche problema cardiaco.

Trump a un certo punto ha avuto paura: ai medici, ha chiesto “Morirò come il mio amico Stan?”, Stan Chera, un costruttore edile di New York portato via dall’epidemia in aprile a 78 anni. Ed ha accettato di essere ricoverato quando l’alternativa è stata: “O adesso, uscendo sulle sue gambe; o più tardi, su una sedia a rotelle o su una barella”.

Ma in ospedale, rigenerato da cure d’avanguardia che un altro cittadino americano ammalato difficilmente avrebbe avuto, s’è ammantato di un’aura d’invincibilità e, lunedì sera, ha voluto tornare alla Casa Bianca. Anche se i medici l’hanno avvertito: “E’ ancora positivo, contagioso; e non è ancora fuori pericolo”.

E, così, Trump gioca in campagna elettorale la carta del Super-Eroe che sconfigge il coronavirus con i suoi Super-Poteri: si proclama “invincibile’ e afferma che il Covid-19, “nella maggior parte dei casi, è meno letale” dell’influenza – un dato immediatamente smentito: in sei mesi il coronavirus ha fatto negli Usa più morti (oltre 210 mila) che l’influenza in cinque anni (178 mila), fonti ufficiali -.

Chi s’aspettava un magnate presidente ‘ammansito’ dall’esperienza della malattia è rimasto deluso. Martedì, Trump ha twittato: “La stagione dell’influenza sta per arrivare. Ogni anno, l’influenza può fare oltre 100 mila morti, nonostante ci sia il vaccino. Chiudiamo per questo il Paese? No, abbiamo imparato a convivere con essa, proprio come stiamo imparando a convivere col Covid”. Il suo post è stato segnalato da Twitter come “fuorviante e potenzialmente dannoso”.

L’operazione ‘mitizzazione’ è partita subito dopo il rientro di Trump alla Casa Bianca dall’ospedale, dov’è rimasto appena 72 ore: ne era parte il gesto studiato con cui il magnate s’è tolto la mascherina sotto il portico della sua residenza, poco dopo essere sbarcato dal MarineOne sul South Lawn.

La scelta di Trump di togliersi la mascherina è stata letta da molti come un atto di sfida, corroborato dai messaggi del presidente nel lasciare l’ospedale. Pure il presidente brasiliano Jair Messias Bolsonaro si tolse la mascherina per parlare con i giornalisti rientrando nella sua residenza dall’ospedale dove era stato trattato per il Covid-19.

La campagna del candidato repubblicano ha diffuso un video che ne celebra il trionfo sul Covid-19, nonostante i medici mettano in guardia sul rischio di ricaduta. La clip, una parodia di una partita di football americano tra i San Francisco 49ers e i Philadelphia Eagles, mostra un attaccante dei 49ers con la faccia del presidente evitare un difensore con la testa da coronavirus e fare touchdown. Segue un balletto di esultanza: uno spot muscolare in sintonia con l’immagine di “eroe invincibile” vantata su Twitter dallo stesso Trump.

Sono pure state messe in vendita a cento dollari l’una monete di ‘Trump che sconfigge il Covid-19’: si possono acquistare online presso un negozio che vende oggettistica legata alla Casa Bianca, non lontano da Pennsylvania Avenue 1600. Il 20% del ricavato dalla vendita delle monete sarà donato ad associazioni per la prevenzione del coronavirus e per la ricerca sul cancro.

L’offensiva dei tweet e i prossimi dibattiti
Trump ha proseguito martedì di buon mattino dalla Casa Bianca l’offensiva di tweet lanciata lunedì dall’ospedale militare Walter Reed, attaccando il suo rivale, il candidato democratico Joe Biden, sull’aborto e sulla Corte Suprema. Biden non è, però, rimasto passivo: ha twittato “Masks matter”, le mascherine contano, “Salvano vite”, in aperto contrasto con l’immagine di Trump che se la leva ostentatamente.

Troppo presto per dire se la il presidente Super-Eroe, che probabilmente galvanizza il suo elettorato, farà presa anche sugli indecisi e sui moderati. Negli ultimi giorni, di sondaggio in sondaggio, Biden ha visto il suo vantaggio su Trump ampliarsi: secondo l’ultimo rilevamento nazionale della Cnn, che tiene conto del dibattito del 29 settembre e della malattia del magnate, il 57% degli elettori propende per il candidato democratico e il 41% per quello repubblicano. RealClearPolitics, che fa la media dei sondaggi, calcola in 9 punti il distacco di Trump da Biden, la metà – 4,4 – negli Stati che sono in bilico.

Fatto con misure di sicurezza specifiche il duello in tv da Salt Lake City, Utah, fra il vice-presidente Mike Pence e la candidata democratica alla vice-presidenza Kamala Harris – moderatrice Susan Page di USAToday -, resta da vedere se e come si faranno i due dibattiti restanti fra Trump e Biden, il 15 e il 23.

Trump ha annunciato che ci sarà il 15 al dibattito a Miami con Biden, nonostante i medici avvertano che il decorso della malattia resta imprevedibile. Non si sa ancora, però, se la commissione avallerà la presenza di Trump, risultato positivo il 2 ottobre, e che standard definirà per il confronto, che dovrebbe essere nel formato ‘town hall’, che normalmente richiede ai protagonisti d’essere in forma ed avere energia per rispondere alle domande dei cittadini muovendosi sul palco.

Biden, a sua volta, sostiene che se il presidente non fosse guarito dovrebbe restare in quarantena. E dice che, in ogni caso, la sua partecipazione si baserà sulle raccomandazioni di esperti e medici. “Seguirò le indicazioni dei medici, se e quando Trump dovesse presentarsi al dibattito”.

Il contesto è quello di un Paese con decine di migliaia di contagi ogni giorno per un totale superiore ai 7 milioni e mezzo: secondo i dati della Johns Hopkins University, a mezzanotte sulla East Coast, i casi nell’Unione erano oltre 7.501.00 e i decessi oltre 210.900. Gli Stati Uniti restano il Paese più colpito al Mondo in termini assoluti dalla pandemia, seguiti da India e Brasile: hanno meno del 5% della popolazione mondiale e oltre il 20% dei casi e dei decessi. E la pandemia costerà a conti fatti agli Usa più che vent’anni di guerra in Afghanistan.

Significativa la situazione alla Casa Bianca: il presidente è tornato dall’ospedale, molti dipendenti se ne sono rimasti a casa. Trump, ancora positivo e contagioso, è isolato al secondo piano, mentre l’ala operativa, la West Wing rimane semi-deserta, con i funzionari non essenziale invitati a lavorare in modalità ‘smart’. E la lista dei contagiati, ormai quasi una ventina, s’allunga: Stephen Miller, uno dei consiglieri politici di Trump, è l’ultimo di cui si ha conoscenza, dopo la consigliera Hope Hicks, la portavoce Kayleigh McEnany, il consigliere per la Sicurezza nazionale Bob O’Brien, il manager della campagna Bill Stepien e vari altri.

L’evento che ha reso un focolaio la Casa Bianca è stata la cerimonia d’annuncio della designazione di Amy Coney Barrett a giudice della Corte Suprema, sabato 26 settembre: centinaia di persone, senza protezione e senza distanziamento, prima nel Rose Garden, poi all’interno. Portato s’ignora da chi, il contagio da lì s’è diffuso.

Il Covid-19 ha colpito anche i vertici delle Forze Armate: il capo di Stato Maggiore Mark A. Milley e diversi alti comandanti militari sono in quarantena e lavorano da casa, dopo che il ‘numero due’ della Guardia Costiera, ammiraglio Charles Ray, è risultato positivo.

La Food and Drug Administration, la Fda, l’agenzia del farmaco Usa, ha finalmente vinto il braccio di ferro durato settimane con l’Amministrazione, pubblicando le nuove linee guida per lo sviluppo del vaccino anti-coronavirus, che erano state bloccate dalla Casa Bianca perché rendono più difficile l’autorizzazione di un vaccino prima dell’Election Day, il 3 novembre, come Trump avrebbe voluto. E il presidente ha subito bollato le nuove regole come “una montatura politica”.

L’Fda prevede che i partecipanti ai test clinici di massa siano monitorati per due mesi, per essere ragionevolmente certi che non ci siano effetti collaterali e per avere la garanzia che la copertura sia duratura. A fronte alle riluttanze della Casa Bianca, il commissario dell’Agenzia, Stephen Hahn, punta ad accrescere la fiducia del pubblico sui controlli sui vaccini: “Devono essere gli scienziati, non i politici – dice -, a decidere se un trattamento sia sicuro ed efficace”.

Biden in campagna riceve endorsement WP e NYT – Biden continua a fare campagna, sia pure sempre osservando prudenza – lui, che presto avrà 79 anni, come Trump, che ne ha 74, sono soggetti a rischio -. Da Gettysburg, Pennsylvania, dove gli unionisti sconfissero i confederati in una delle battaglie più sanguinose e determinanti della Guerra civile, e ha invitato all’unità un Paese “oggi ancora una volta è diviso”: “Sarò il presidente di tutti”, va ripetendo, rilevando le differenze con Trump.

Dopo il Washington Post, che s’era espresso la settimana scorsa, anche il New York Times ha dato, mercoledì, il suo endorsement a Biden: una decisione scontata, del resto testimoniata ogni giorno dalla copertura delle elezioni fatta dai due quotidiani. Biden è “il leader di cui il nostro Paese ha bisogno ora”, afferma il board del NYT in un editoriale dal titolo “Eleggi Joe Biden, America”. Per il giornale, il messaggio di unità e pragmatismo è quello giusto: “Biden non è un candidato perfetto e non sarà un presidente perfetto, ma la politica non è perfezione”.

I media ironizzano sulla legge del contrappasso di questa campagna: Trump, che per mesi si fece beffe di Biden perché passava gran parte del tempo nel basement della sua abitazione in Delaware, per tenersi al riparo dai rischi del contagio – vi ha allestito uno studio televisivo -, adesso deve ‘dare battaglia’ al rivale dall’ufficio d’emergenza allestitogli nel seminterrato della Casa Bianca, nella cosiddetta Map Room, accanto allo studio medico e sotto lo Studio Ovale.

E c’è chi legge l’effetto euforizzante dei medicinali assunti nelle raffiche di tweet ‘sparate’, spesso tutte in lettere maiuscole, nei giorni scorsi: messaggi per dire che il prossimo anno “sarà il migliore di sempre”, ma solo se, ovviamente, lui sarà rieletto; che la borsa sta per battere tutti i record; che votare democratico vuole dire avere più tasse e meno armi. “Forze armate più forti. Vota!”, “Low&Order. Vota!”, “Libertà religiosa. Vota!”, “Il più grande taglio delle tasse di sempre e un altro in arrivo. Vota!”. E così via. Quanto ai sondaggi, che lo danno sempre più indietro rispetto a Biden, “le fake news mostrano solo i falsi sondaggi”.

Domenica pomeriggio, Trump aveva pure compiuto una bravata, uscendo in auto dal Walter Reed per salutare e ringraziare i suoi fan e creando così sconcerto e irritazione nel Secret Service, alcuni dei cui agenti sono già risultati positivi dopo spostamenti al seguito del presidente – due erano vicino a lui sul Suv -. Gli agenti positivi devono mettersi in isolamento e gli altri devono quindi lavorare di più per coprire le assenze.

Secondo Vanity Fair, la gestione della malattia del presidente ha fatto aumentare la tensione nel clan dei Trump: rapporti sempre più gelidi tra la first lady Melania e la ‘prima figlia’ Ivanka; e dissensi pure tra Donald Junior, che avrebbe definito “una pazzia” il comportamento del padre, e Ivanka e suo marito Jared Kushner, fiancheggiati da Eric, il terzo figlio, che lo condividono. Tutti sarebbero però d’accordo su un punto: basta con le valanghe di tweet, sono troppi.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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