L’Italia s’è desta! Il popolo sovrano s’è pronunciato e ha espresso la propria volontà: con il 70% dei suffragi circa, gli italiani hanno votato Sì al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Nonostante gli ultimi turbolenti giorni di campagna elettorale, i sondaggi sono stati rispettati, il fronte del Sì ha avuto la meglio: la riforma, che modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, prevede una riduzione di oltre un terzo dei parlamentari, che scenderanno degli attuali 945 a 600 cioè da 630 a 400 i deputati e da 315 a 200 i senatori.
E ora? Chi ha dato il via all’iter per la modifica della Costituzione? La normativa è già operativa? La rappresentanza è a rischio? Quale sarà il risparmio economico?
Giugno 2018, il Movimento 5 Stelle inserisce nel ‘contratto di Governo’ con la Lega di Salvini una legge sulla riduzione del numero dei parlamentari (artefice Riccardo Fraccaro, allora ministro per i rapporti con il Parlamento). L’idea si basa su un disegno di legge analogo presentato in passato sia da Forza Italia che dal Pd. Agosto 2019, cade il governo giallo-verde, ma la volontà di rottamazione dei pentastellati resta: il taglio dei parlamentari è presente anche nel programma del nuovo governo Conte Bis. L’ultima votazione di una lunga serie è della Camera, che lo vara con 533 voti favorevoli, oltre l’80%. Ma si crea la necessità di un referendum confirmativo.
Se qualcuno però s’aspettava di vedere, il giorno dopo l’esito del referendum, deputati e senatori svuotare i loro uffici, si sbagliava e non di poco: il taglio non si riferisce all’attuale legislatura, ma scatterà a partire dalle prossime elezioni. L’attuale Parlamento resta in carica, totalmente legittimo. Non cambiano neppure le funzioni delle Camere : il nostro “bicameralismo perfetto” continuerà ad esistere. Oggi abbiamo un deputato ogni 96 mila cittadini, con la riforma sarà ogni 151 mila; per i senatori, si passa da uno ogni 188 mila cittadini a uno ogni 302 mila.
Quanto si risparmierà? Come sempre, il fronte economico è quello più caldo. E’ su questo campo che si è giocata la campagna elettorale. Ma i numeri, come spesso capita, non mettono tutti d’accordo. Secondo il Blog delle Stelle, voce ufficiale del movimento grillino, il risparmio sarebbe di circa 500 milioni di euro a legislatura ed equivarrebbe a circa un miliardo di euro in 10 anni. “Cifre esagerate”, secondo l’Osservatorio Economico dei Conti Pubblici di Carlo Cottarelli. In un articolo apparso su repubblica.it, si parla di “un risparmio netto complessivo (..) pari a 57 milioni all’anno e a 285 milioni a legislatura, una cifra significativamente più bassa di quella enfatizzata dai sostenitori della riforma e pari appena allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana”.
E per la rappresentanza dei territori? Per alcune regioni, come Molise ed Umbria, il taglio è di circa del 33%, per altre di quasi il 39; in Abruzzo ci sarà un deputato ogni 145 mila abitanti, in Liguria poco meno (uno ogni 157 mila). Numeri più alti per il Senato: il Veneto perderà il 33% degli eletti, la Basilicata il 57%. Ad oggi la Costituzione prevede almeno sette senatori per ogni regione (tranne due per il Molise e uno per la Valle d’Aosta). Con la riforma il minimo di senatori per regione scenderà a tre. Le differenze tra regioni saranno ancora più nette: la Basilicata avrà un senatore ogni 193 mila abitanti, Abruzzo e Sardegna uno ogni 327/328 mila.
Manuel Di Stefano