Il discorso chiave l’ha fatto una eroina dell’Unione sovietica e dell’umanità: Valentina Tereshkova, la prima donna a viaggiare nello spazio, oggi deputata alla Duma, ha proposto di eliminare i limiti dei mandati presidenziali in Russia, consentendo così a Vladimir Putin di candidarsi nuovamente alla presidenza nel 2024, se lo vorrà, e, praticamente, di restare, di mandato in mandato, presidente a vita. Un po’ quello che, in Cina, ha già ottenuto Xi Jinping, in modo più diretto ed esplicito. Ma gli impacci della democrazia non sono mai stati congeniali ai leader russi e cinesi.
La Tereshkova, che oggi ha 83 anni, compì il suo volo nello spazio nel 1963, quando aveva appena 26 anni: figlia di un carrista caduto nella Seconda Guerra Mondiale, ebbe un’infanzia travagliata, ma, con forza di carattere e determinazione, riuscì a realizzare il sogno di emulare Yury Gararin e divenire la prima donna nello spazio. Eletta deputato al Soviet Supremo nel 1966, è stata membro del comitato centrale del Pcus e ha ricoperto numerose cariche pubbliche e politiche. Dal 2011, è deputata alla Duma per il partito di Putin Russia Unita ed è membro del gruppo parlamentare interdipendente per la protezione dei valori cristiani: una figura popolare e rispettata
Parlando alla Duma il 10 marzo, la Tereshkova ha detto: “Qui non si tratta di lui – di Putin, ndr -, ma di noi, del popolo russo e del nostro futuro. Perché complicare la questione e creare ostacoli? Dobbiamo pianificare tutto onestamente e apertamente. I limiti del mandato presidenziale debbono essere rimossi dalla Costituzione. Se questo è ciò che l’ora richiede, se questo è ciò che la gente vuole, allora il capo dello Stato in carica dovrebbe avere l’opportunità di candidarsi alla presidenza in conformità con la Costituzione modificata”.
Il giorno stesso, la Duma ha approvato l’emendamento Terershkova, eliminando dalla Costituzione il limite dei mandati presidenziali – due consecutivi di sei anni ciascuno – e aprendo, quindi, la via all’ennesima ricandidatura e rielezione di Putin, già eletto per due volte a mandati quadriennali e, dopo un giro di pausa come premier – presidente, dal 2008 al 2012, fu il fido Dmitri Medvedev -, altre due volte a mandati di sei anni.
Il varo della riforma e la variabile coronavirus
Putin s’è personalmente detto contrario all’abolizione dei limiti proposto dalla Tereshkova; ma, il 14 marzo, completato l’iter parlamentare, ha firmato la legge di riforma costituzionale. E, il 16 marzo, la Corte Costituzionale le ha dato via libera. Ora manca il sì del popolo russo, che deve avallare la riforma in un referendum ufficialmente fissato al 22 aprile (e che viene chiamato ‘voto nazionale’). Naturalmente, ci può essere di mezzo l’emergenza coronavirus, anche se il contagio in Russia ha finora numeri contenuti – al 16 marzo, i positivi erano ufficialmente 114, cifra che alimenta i sospetti di reticenza da parte delle autorità -.
A chi fino a martedì gli domandava se il voto potesse essere rinviato, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov consigliava di “attendere fin quando la data non sarà fissata con atti presidenziale”. E la testata online Meduza riferiva che Putin preparava un discorso alla Nazione, per annunciare che il referendum sulla riforma della Costituzione si sarebbe svolto il 12 giugno o il 13 settembre, e non il 22 aprile.
Invece, martedì sera il presidente ha firmato il decreto che stabilisce al 22 aprile il voto nazionale per varare la riforma costituzionale. Unica concessione all’incertezza coronavirus l’avvertenza che il referendum si terrà se la situazione “sarà favorevole”: se l’epidemia dovesse peggiorare, sarà “posticipato”.
Per il momento, tutto, nell’agenda di Putin, appare ‘business as usual’: il presidente – fanno sapere dal suo entourage – “lavora sodo”, come sempre, e fa, proprio in questi giorni, una visita di lavoro in Crimea: il 18 era il sesto anniversario della riunificazione della Crimea con la Russia, contestata dalla comunità internazionale e specie dall’Ucraina, che la definisce un’occupazione. Il programma della visita, alla faccia delle ‘misure barriera’, prevede un incontro “con il popolo della Crimea”.
Putin, del resto, assicura che la diffusione del coronavirus in tutta la Russia è sotto controllo, anche se “gli organismi sanitari, i servizi di frontiera e gli altri servizi coinvolti stanno lavorando in stato di massima allerta”, ha detto il presidente incontrando i membri del governo.
Il segreto (di Pulcinella?) della candidatura nel 2024
Riserbo, invece, massimo su una ricandidatura alla presidenza nel 2024, che diverrà formalmente possibile dopo il sì del popolo alla riforma della Costituzione, con l’emendamento Tereshkova. Sollecitato dai giornalisti a dire qualcosa in merito, Peskov invita a rileggere il discorso di Putin alla Duma pochi giorni or sono, quando s’è presentato a dare il suo parere sulla ridda di emendamenti presentati: “Non ha fatto menzione di decisioni circa il 2024″. Il presidente ama dire, e Peskov ripetere, che “c’è molto tempo di qui fino al 2024” e che resta da fare “un duro lavoro”.
Sta di fatto, però, che, come scrive sull’ANSA Mattia Bernardo Bagnoli “dopo mesi di indiscrezioni e retroscena proibiti, alla fine il gioco delle parti ha concepito un risultato concreto: Putin potrà presentarsi alle elezioni presidenziali anche dopo la scadenza del suo attuale mandato, nel 2024”. E cioò perché “il topolino (cioè la Duma, saldamente controllata dallo ‘zar’) ha prodotto una vera e propria montagna: l’emendamento Tereshkova che resetta il limite dei mandati al Cremlino, in virtù dei cambiamenti alla Costituzione.
Parlando alla Duma, Putin ha detto: “La Russia ha esaurito la sua quota di rivoluzioni, lo sviluppo deve seguire una logica evolutiva e il presidente deve essere il garante della Costituzione”, prima d’esprimersi contro l’emendamento Tereshkova, aggiungendo, però, (“e qui sta il trucco”, osserva Bagnoli) che, se la Duma “deciderà di approvarlo” e “la Corte Costituzionale” e “il popolo russo” daranno luce verde, allora lui lo sosterrà.
Nel giro di pochi giorni, tutte le condizioni si sono realizzate, tranne il sì popolare che verrà, è quasi una certezza, il 22 aprile: sono vent’anni che, di elezione in elezione, i russi rinnovano, senza mai esitare, la fiducia al presidente. Che, comunque, non è effettivamente scontato intenda ripresentarsi nel 2024, quando avrà 72 anni e un quarto di secolo di potere sulle spalle. A incoraggiarlo a farlo, potrebbero essere le elezioni presidenziali negli Stati Uniti: quest’anno, in corsa per la Casa Bianca ci saranno un presidente in cerca di conferma a 74 anni e uno sfidante che potrebbe avere 78 o 79 anni, a seconda che sia Joe Biden o Bernie Sanders: di che fare apparire Putin, che porta molto bene i suoi anni, un giovanotto.
Alcune sigle dell’opposizione russo hanno però preso male la riforma della Costituzione e subito chiesto al Comune di Mosca l’autorizzazione per una manifestazione di protesta, questo sabato: appuntamento a corso Sakharov, ai limiti del centro città. La tesi è che “un Paese la cui leadership non si è rinnovata per 20 anni non ha futuro”: tesi a doppia lama, perché la Russia del XXI Secolo non sembra avere mai proposto un’alternativa a Putin valida e popolare.
Alexei Navalny, l’oppositore più popolare, almeno in Occidente, ha twittato: “La Costituzione mi dà il diritto di candidarmi, ma io non posso farlo; Putin, invece, non potrebbe, ma potrà. Interessante no?”. Nell’entourage di Navalny, circola una battuta che Bagnoli riferisce: se l’opposizione in piazza alla riforma della Costituzione diventasse imbarazzante, “in quel caso arriveranno le regole anti-assembramenti per il coronavirus”.
Ma c’è da pensare, o da temere, che Putin non avrà bisogno di ricorrervi per fermare gli oppositori. Magari, lo dovrà fare per intralciare il virus: l’autorità dei grandi di questa Terra, Xi, Trump, Putin, non s’estende al contagio, che, anzi, può farsene beffa.