Appena resuscitato, Joe Biden balza in testa. Solido battistrada, Bernie Sanders si trova a inseguire. Michael Bloomberg abbandona, dopo avere condotto la campagna elettorale più costosa (al giorno) e più inutile della storia, e appoggia Biden. E Elizabeth Warren sta per lasciare: se resta in lizza, è solo un tafano sotto la sella di Sanders. Il Super Martedì delle primarie democratiche, zeppo di eventi in parte inattesi, dà una dimensione probabilmente definitiva alla corsa alla nomination: Biden il moderato contro Sanders il socialista, per decidere chi sfiderà Donald Trump nell’Election Day. Il magnate presidente si misurerà, dunque, con ‘Sleepy Joe’ o con ‘Bernie il pazzo’, come li chiama nei suoi tweet.
Fino al 29 febbraio, ci si chiedeva se Biden, partito malissimo, sarebbe sopravvissuto alle primarie in South Carolina, che per lui erano divenute l’ultima spiaggia. Dopo che una larga vittoria aveva invece certificato che la sua candidatura era ancora vitale, era subito scattata in tempi brevissimi l’operazione ‘convergenza’, probabilmente orchestrata da Barack Obama in funzione Super Martedì: prima Pete Buttigieg, poi Amy Klobuchar lasciano la corsa e appoggiano Biden, realizzando così una ‘grande coalizione’ centrista contro Sanders, il senatore del Vermont ‘socialista’. Non si sa che garanzie siano state date ai due, ma non sarebbe sorprendente trovare l’uno o l’altra nel ticket presidenziale.
Nel Super Martedì, il ‘blitz Obama’ ha pagato in misura sorprendente: l’esempio migliore viene dal Minnesota, dove una settimana fa Biden era dato all’8% e ieri ha vinto con il 40%, solo perché la Klobuchar, senatrice dello Stato, gli ha riversato i suoi voti.
La (ir)resistibile corsa verso la nomination di Sanders è stata fermata. E la ‘grande convergenza’ va avanti, perché Bloomberg, lasciando, appoggia Biden: “Ho sempre sostenuto che il primo passo per sconfiggere Trump sia unirsi dietro al candidato che ha le chance migliori per farlo. E’ chiaro che questo candidato è il mio amico Joe Biden”.
Nel giorno che assegna circa un terzo dei delegati alla convention di Milwaukee a luglio. Biden vince in dieci Stati, Sanders solo in quattro, ma fa bottino in California, lo Stato più popoloso e quindi più ricco di delegati. L’ex vice-presidente batte i pronostici in Virginia, nel Massachusetts, soprattutto in Texas: senza quel colpaccio, dovrebbe ancora arrancare dietro il senatore nella conta dei delegati.
Bloomberg scopre di avere speso mezzo miliardo di dollari per vincere solo le Samoa Occidentali e, in California, la Napa Valley. Elizabeth Warren va a fondo, battuta da Biden negli Stati dove è senatrice, il Massachusetts, e dov’è nata, l’Oklahoma. Trump manda tweet di condoglianze ironici sia al miliardario sia all’egeria di Occupy Wall Street.
La corsa alla nomination, di qui in avanti, sarà a due: Biden contro Sanders, centro contro sinistra. Sanders non va in fuga solitaria, come forse sperava, ma il successo in California lo tiene a galla bene. Un calcolo dei delegati aggiornato dal New York Times alle 12.00 della Costa Est, le 18.00 qui da noi, ne dà 380 a Biden – totale con quelli già conquistati 433 – e 328 a Sanders – totale 388 -. Agli altri, briciole: 28 alla Warren – totale 36 -; 12 a Bloomberg e uno a Tulsi Gabbard, che non ne avevano. Per avere la nomination, ce ne vogliono oltre 1900: la strada è ancora lunga 35 primarie, di qui a giugno.
Oltre che in Texas, Virginia, Massachusetts, dov’era favorito Sanders, Biden s’impone in Maine, North Carolina, Tennessee, Alabama, Oklahoma, Arkansas e Minnesota. Sanders vince Vermont – il suo Stato -, Colorado e Utah, prima di affermarsi – com’era previsto – in California.
Sul piano demografico, etnico, geografico, Biden è campione fra gli ‘over 50’ e i neri e nel Sud; Sanders fra i giovani e – novità rispetto al 2016 – gli ispanici, oltre che sulle Montagne Rocciose.
Il Super Martedì fa però scattare un segnale d’allarme per il senatore, che perde in tutti gli Stati passati dai caucuses alle primarie, Maine, Minnesota, Colorado, dove nel 2016 aveva vinto; e ve ne sono molti altri, di qui in avanti, che hanno fatto la stessa scelta.
Biden, partito malissimo in questa campagna, con un filotto di sconfitte, Iowa, New Hampshire, Nevada, ritrova l’ottimismo e dissipa lo scetticismo che la circondava. “E’ una grande notte”, esulta l’ex vice-presidente a Los Angeles: “Ci avevano dati per morti, ma siamo qui, siamo vivi, abbiamo fatto qualcosa di straordinario”.
Sanders, da Burlington, la città di cui è stato sindaco, nel Vermont, conferma fiducia: “Vinceremo la nomination e sconfiggeremo Donald Trump, il presidente più pericoloso della nostra”. Il senatore è polemico con l’establishment democratico, che gli rema contro, ma va all’attacco con nuovi spot negli Stati al voto il 10 e 17 marzo, fra cui Arizona, Florida, Idaho, Illinois, Michigan, Mississippi, Missouri, Ohio e Washington. Sanders cerca di appropriarsi dell’eredità di Obama e attacca Biden per certe sue passate scelte politiche, fra cui l’avere approvato “disastrosi accordi commerciali” che avrebbero penalizzato la classe lavoratrice.
Donald Trump, che inanella vittorie nelle sue primarie senza contendenti, gira il coltello nella piaga: “Il vero perdente della serata è di gran lunga mini Mike Bloomberg. 700 milioni di dollari buttati via per niente: le uniche cose che ha ottenuto sono il soprannome mini Mike e la totale distruzione della sua reputazione”. Il presidente ha anche parole ironiche per la Warren: “Elizabeth ‘Pocahontas’ è l’altra perdente della serata: non è arrivata nemmeno vicino a una vittoria nel suo Stato …. Beh, ora può sedersi insieme al marito e bersi una birra fresca”.