Dal vialetto d’accesso alla Casa Bianca all’uscio del carcere: Michael Avenatti, l’avvocato dei ‘belli e famosi’ – e soprattutto ricchi – e della pornostar Stormy Daniels in causa con Donald Trump, è stato riconosciuto colpevole da una giuria di New York di avere tentato di estorcere alla Nike 22,5 milioni di dollari e di avere defraudato un coach del basket universitario suo cliente.
La sentenza è attesa a giugno: il legale, che attende il verdetto nella cella che fu di El Chapo, rischia oltre 40 anni di carcere e la radiazione dall’albo. Gli restano pendenti altri due processi: uno a Manhattan, con l’accusa di avere defraudato la Daniels, e uno in California, per aver frodato vari clienti e mentito al fisco.
Nel marzo scorso, Avenatti era stato arrestato per la vicenda Nike. Dopo qualche ora in guardina, l’avvocato era stato rilasciato su cauzione di 300 mila dollari; e il passaporto gli era stato ritirato.
Nel 2018, Avenatti aveva avuto attenzione mediatica come legale della pornostar Stormy Daniels, alias Stephanie Clifford, in lite con il magnate presidente. La sua strada s’era intrecciata con quella di Michael Cohen, l’ex avvocato paraninfo di Trump, che pagò in nero 130 mila dollari il silenzio della Daniels (Cohen è già stato condannato a tre anni di carcere e radiato dall’albo). La pornostar ebbe una storia con Trump nel 2006, quando il magnate non pensava ancora di fare politica, ma era già sposato con Melania, incinta del loro figlio Barron.
Avenatti, l’anno scorso, aveva annunciato l’intenzione di correre per la nomination democratica, ma s’era poi ritirato dalla corsa prima di cominciarla, adducendo “motivi familiari”. Lo fece dopo essere stato denunciato dalla moglie per violenza domestica ed essere stato ‘mollato’, come legale, dalla Daniels, che l’accusa fra l’altro di avere fatto causa per diffamazione a Trump a suo nome, ma a sua insaputa – la causa finì male e la pornostar fu condannata a pagarne le spese -.
Californiano di Sacramento, 48 anni, pilota automobilistico professionista in prove d’endurance – ha corso negli Usa e in Europa, anche alla 24 ore di Le Mans -, oltre che avvocato di celebrità, uomini d’affari e aziende nella lista di Fortune delle prime cento, Michael John Avenatti, studente d’eccellenza alla prestigiosa facoltà di giurisprudenza della George Washington University, esibisce un curriculum vitae fitto di successi e d’infortuni.
Degli infortuni, il ricatto alla Nike, celeberrimo marchio dell’abbigliamento sportivo, è forse il più grosso. Secondo l’accusa, formulata dalla procura federale di New York, Avenatti chiese all’azienda 22,5 milioni di dollari per tacere notizie che l’avrebbero danneggiata: aveva convocato una conferenza stampa per denunciare uno scandalo nel basket universitario, alla vigilia della fase finale 2019 del torneo da cui escono le stelle della Nba.
Avenatti, che rappresentava un ex allenatore di basket, diceva di avere le prove di pagamenti illeciti della Nike ad almeno tre cestisti di squadre di college. Per non renderle note, l’avvocato proponeva all’azienda formule di transazione e, in sostanza, di chiudere la faccenda pagandogli 22,5 milioni. Le pratiche delle grandi aziende nel mondo del basket universitario sono da tempo oggetto d’inchieste giudiziarie.