Due persone parevano ragionevolmente trarre vantaggio dal disastro dei democratici nei caucuses dello Iowa: Donald Trump, che fa la somma algebrica delle sue vittorie – l’assoluzione nel processo d’impeachment – e delle disfatte dei rivali, tutti colpiti nell’immagine dalla conta e riconta; e Michael Mike Bloomberg, uscito indenne dallo Iowa perché lì lui non era in lizza, avendo deciso d’entrare in corsa solo a partire dal Super Martedì del 3 marzo. Ma Intercept, il sito d’inchiesta, getta un’ombra sulla campagna del miliardario newyorchese ed ex sindaco a tre riprese della Grande Mela.
Bloomberg, o meglio i suoi collaboratori, hanno tratto parte dei suoi programmi da siti d’informazione, organizzazioni non profit e think tank, in alcuni casi riproducendone stralci parola per parola, ma senza citare le fonti.
Fra i siti ‘piratati’ indicati da Intercept, alle cui informazioni The Guardian dà ampia eco, ci sono quelli della Cnn, della Cbs e di Time, del John Jay College of Criminal Justice e dell’American Medical Association. Interpellata, la campagna di Bloomberg s’è giustificata spiegando di avere spedito le newsletter con i programmi tramite un servizio di email che “non ha le note in calce”: “Quando ce ne siamo accorti, abbiamo aggiunto ai documenti citazioni e link”.
Anche a prendere per buona la spiegazione, la campagna del magnate dell’informazione non ne esce bene: si colloca su un livello d’efficienza comparabile a quello degli organizzatori dei caucuses dello Iowa, avendo, però, molti più mezzi a disposizione. Bloomberg si appresta a lanciare sulle tv una nuova massiccia ondata di spot elettorali ed è pronto a raddoppiare le fila del suo staff, già considerevole, con l’ingresso di oltre duemila nuovi attivisti.
L’ex sindaco punta a offrire l’immagine dell’unico candidato democratico che può battere Trump, soprattutto se i risultati delle prossime primarie – martedì si vota nel New Hampshire, poi sarà la volta della South Carolina e del Nevada – dovessero confermare la debolezza di Joe Biden e la forza di Bernie Sanders, inducendo i democratici a cercare un nuovo campione ‘centrista’ da contrapporre al senatore del Vermont ‘socialista’.
Fino a questo momento, Bloomberg non suscita entusiasmi fra gli elettori democratici: nei sondaggi è in crescita, ma non va quasi mai in doppia cifra ed è comunque dietro Biden e Sanders, ma anche dietro Pete Buttigieg ed Elizabeth Warren. Nè pare averlo premiato, in termini di consenso, lo spot da un minuto e dieci milioni di dollari mandato in onda domenica, durante il Superbowl, la finale del campionato di football americano.
Trump, nel suo spot, ha raccontato i suoi successi nella riforma della giustizia penale. Bloomberg s’è schierato contro le armi facili, raccontando la storia di George Kemp Jr, un ventenne ucciso durante un litigio nel 2013. Nello spot, la madre, Calandrian Simpson Kemp, spiega la sua adesione a Moms Demand Action, un gruppo che si batte contro la violenza da armi da fuoco nei confronti dei minori.
Ma torniamo alle rivelazioni di Intercept. Il magnate dell’informazione risulta collegato ad alcune delle organizzazioni da cui ha tratto porzioni del suo programma: a mo’ d’esempio, ha co-fondato Everytown for Gun Safety, un gruppo per il controllo della vendita delle armi, e Building America’s Future Educational Fund, un ente non profit.
In qualche caso, come là dove si parla di infrastrutture, gli autori del programma di Bloomberg hanno intrecciato a fuso insieme passaggi di fonti diverse. Quando il gioco del ‘taglia e incolla’ è stato scoperto, tutta la scheda ‘verde’, dal titolo particolarmente lungo “Smarter Faster Safer Greener: A Plan To Bring America’s Infrastructure Into the 21st Century” , è stata levata dal sito. Ieri sera doveva ancora essere reintegrata.
La grana delle rivelazioni di Intercept è esplosa nell’imminenza del dibattito fra gli aspiranti alla nomination democratica: sette gli ammessi sul palco di Manchester, New Hampshire, in base a criteri che intrecciano sondaggi e contributi finanziari raccolti, Biden, Buttigieg, Sanders, la Warren e Amy Klobuchar, Tom Steyer e Andrew Yang.
Bloomberg è fuori, perché lui non raccoglie contributi, ma spende del suo. Il Comitato nazionale democratico ha però cambiato le regole d’accesso, per consentirgli di esserci a partire dal dibattito in Nevada, il 19 febbraio. Non tutti l’hanno presa bene: Sanders e la Warren leggono la decisione come l’ennesimo tentativo del partito di favorire i ‘centristi’ sui candidati di sinistra.