Donald Trump pare re Mida: quel che fa diventa oro, cioè, politicamente parlando, voti, anche quando sulla carta dovrebbe giocargli contro. L’inizio di febbraio pareva un percorso minato: l’avvio con i caucuses nello Iowa delle primarie democratiche, un trampolino di lancio potenziale per i suoi rivali; il discorso sullo stato dell’Unione pronunciato, la scorsa notte, mentre gli pende sulla testa la spada di Damocle dell’impeachment; e, appunto, il verdetto del Senato nel processo d’impeachment – oggi, nel pomeriggio di Washington -.
Invece, tutto gli fila liscio: i caucuses dello Iowa diventano un incubo per i democratici, causa problemi organizzativi e informatici – per avere i risultati, ci vorranno oltre 20 ore dalla chiusura dei seggi -; l’impeachment si rivela una bolla di sapone perché la rimozione appare sproporzionata rispetto alle accuse formulate – meglio sarebbe forse stato giocare la carta della censura -; e, dunque, il discorso sullo Stato dell’Unione diventa un mega spot elettorale a reti tv unificate.
Trump fa un bilancio dei risultati conseguiti e traccia un programma non solo per il 2020, ma anche per il suo secondo quadriennio alla Casa Bianca, che questa sera appare inevitabile.
Dopo tre anni di presidenza Trump, viene da chiedersi se la sua sia solo ‘sfacciata fortuna’; o se, invece, il magnate presidente abbia un ‘sesto senso’ per cui gli girano bene pure le cose sbagliate: come l’assassinio del generale Soleimani, ‘cancellato’ nei suoi potenziali effetti nefasti dall’abbattimento, da parte dell’Iran, di un aereo di linea ucraino.
Un sondaggio mostra che il sostegno degli americani al magnate presidente è arrivato al 49%: mai così alto da quanto Trump s’è insediato alla Casa Bianca. Un dato che rispecchia il buon andamento dell’economia e le recenti intese commerciali con Cina e Messico e Canada.
L’unica certezza che sembra emergere dallo Iowa è il successo di Bernie Sanders, il ‘socialista’: fa piacere a Trump e terrorizza l’establishment democratico, che, oggi come quattro anni or sono, ritiene il senatore del Vermont troppo di sinistra per vincere le elezioni presidenziali il 3 novembre.
Lo Iowa, che di solito premia fra i democratici chi poi otterrà la nomination, ha dunque parlato, ma non è ancora chiaro che cosa abbia detto. I caucuses sembrano lanciare Sanders e suonare sirena d’allarme per Joe Biden. Tengono bene Pete Buttigieg e Elizabeth Warren e fa meglio del previsto Amy Klobuchar. Gli altri cinque candidati in lizza si confermano irrilevanti. Mike Bloomberg è fuori dalla mischia perché scenderà in campo solo nel Super Martedì, il 3 marzo.
Tutti dati al momento labili. Sanders canta vittoria dove, nel 2016, Hillary lo battè d’un soffio. Rispetto ad allora, sono cambiate le regole dei conteggi, proprio per le proteste di Sanders, e c’è un’app nuova, forse non adeguatamente testata. Tra disguidi organizzativi e informatici, bisogna ricorrere ai conteggi manuali.
I candidati democratici alla Casa Bianca, o almeno quelli che sopravviveranno allo Iowa, che spesso falcidia i ranghi degli aspiranti alla nomination, guardano già al New Hampshire, dove si voterà martedì 11 febbraio.
I senatori del lotto, la Klobuchar, Sanders, la Warren e Michael Bennett devono, però, fare i conti coi loro impegni istituzionali. Oggi si chiude in Senato il processo sull’impeachment a Trump: l’assoluzione è scontata, il voto avverrà lungo linee partitiche, per la condanna ci vogliono 67 voti e i democratici ne hanno solo 47.
Una buona notizia per i democratici, in questa giornata ‘nera’, viene dal sondaggio nazionale WSJ / Nbc: i candidati democratici sono tutti in vantaggio su Trump. Biden di 6 punti (50% contro 44%), Sanders di 4 (49% a 45%), la Warren di 3 (48% contro 45%) e Buttigieg di uno solo (46% a 45%).