Trent’anni de Il Ducato: trent’anni di palestra per le nuove leve del giornalismo italiano; e trent’anni di racconti d’una città, della sua Università, della sua gente, dei suoi problemi. Da quel 2 febbraio 1991, la data del numero 1 di questo giornale, a oggi, molto è cambiato, Urbino e i suoi problemi. E moltissimo è cambiato nel mondo dell’informazione, che vive la rivoluzione della digitalizzazione e che non ha ancora trovato un punto d’approdo perché l’evoluzione della tecnologia resta tumultuosa.
La grafica, il colore, il sito che aggiorna in tempo reale l’informazione cittadina, inglobando notiziari radiofonici e televisivi: Il Ducato man mano cerca d’adeguarsi, sforzandosi di stare al passo con le novità dell’attualità, che sono le notizie, e con quelle della tecnologia, adattando modi e tempi della sua produzione alle possibilità offerte da nuovi strumenti.
Il giovane giornalista che esce oggi dalla scuola di Urbino sa fare (bene) molte più cose di quello che usciva trent’anni fa – alcune, non erano allora neppure immaginabili -; e ne sa fare (bene) enormemente di più di quelle che non sapremo mai fare noi vecchi giornalisti.
Ma una cosa hanno in comune i vecchi giornalisti, quelli de Il Ducato di trent’anni fa e quelli de Il Ducato di oggi: la voglia di fare bene il nostro mestiere e l’impegno di raccontare bene questa città, le sue realtà, i suoi problemi. Che, a vedere il titolo del primo numero, sul ‘caro affitti’, sono magari ricorrenti, ma vanno sempre affrontati con occhi curiosi e orecchie attente, prima e più ancora che con computer intelligenti.
Una città che si svuota è una città che perde
L’andamento demografico, con la bassa natalità; la stasi economica; la tendenza all’emigrazione che prevale sulla capacità del territorio di attirare energie e persone; anche la ‘pendolarizzazione’ dell’Università, con studenti e anche docenti che preferiscono non risiedere stabilmente in città.
Sono alcuni dei fattori dello spopolamento di Urbino, in parte comuni all’Italia tutta e in parte specifici. Gioca un ruolo anche il relativo isolamento: raggiungere Urbino da Roma o da Milano con i mezzi pubblici è un viaggio, che, specie nella cattiva stagione, può comportare ritardi e disagi.
La progressiva riduzione dei cittadini residenti fa sì che oggi la città sia largamente sotto la soglia dei 15 mila abitanti, il che, dal punto di vista amministrativo, comporterà, a partire dalla prossima tornata elettorale, novità nei meccanismi di scelta del sindaco e del Consiglio comunale.
E’ irrealistico pensare a un’inversione di tendenza che consenta, in breve tempo, di recuperare quasi mille residenti, il 7% dell’attuale popolazione, anche se ogni sforzo per rendere Urbino attrattiva, al di là dei suoi pregi storici, artistici e culturali, che le valgono un flusso di turisti crescente, va certo perseguito.
Sarebbe, invece, praticabile la via delle fusioni con Comuni vicini che hanno già espresso interesse in tal senso. E, nel valutare la prospettiva, sarebbe il caso di mettere da parte valutazioni d’opportunità politiche e di soppesare esclusivamente vantaggi e svantaggi per i cittadini coinvolti. Grande non è necessariamente bello. Ma neppure piccolo – e vuoto – lo è: Urbino non potrebbe sopravvivere alla fuga degli urbinati.