Una tregua quotidianamente punteggiata di violazioni. Un embargo sulla vendita di armi ‘tradito’ pure da chi l’ha sottoscritto. In queste condizioni, puntare a una soluzione politica della crisi libica resta un obiettivo irrealistico nel breve termine.
Due settimane or sono, il 19 dicembre, la Conferenza di Berlino diceva sì alla tregua e all’embargo e no alle ingerenze. Ora, l’Onu denuncia 110 violazioni alla tregua e l’inviato del Palazzo di Vetro Ghassan Salamé constata che le parti in conflitto, il governo di unità nazionale di Fayez al-Serraj, riconosciuto dalla comunità internazionale, e l’esercito cirenaico del generale Khalifa Haftar continuano a ricevere armi dall’estero.
Un sito dell’intelligence francese, citato dal Lybia Observer di Tripoli, scrive che Haftar ha ricevuto circa tremila tonnellate di equipaggiamento militare dagli Emirati arabi uniti, che ormai da anni giocano un ruolo militare molto attivo in tutta la Regione – sono pure fra i protagonisti del conflitto nello Yemen -.
Impossibile verificare l’attendibilità delle informazioni del sito francese, secondo cui i trasporti sono stati effettuati da un aereo cargo Antonov 124 per la Makassimos Air Cargo Company, di proprietà del principe ereditario di Abu Dabhi Mohammed bin Zayed. L’Antonov 124 è un cargo jumbo, operato dalla Jenis Air, compagnia registrata in Kazakistan, ed è spesso usato per trasporti militari, equipaggiamenti, veicoli, truppe.
Come la Russia e l’Egitto, gli Emirati arabi uniti appoggiano Haftar: ad Abu Dhabi è stata costituita una ‘cellula libica’ incaricata di seguire gli sviluppi della crisi. L’aumento degli aiuti dagli Emirati ad Haftar compenserebbe un calo di quelli russi, divenuti “più simbolici che sostanziali” dopo l’intesa sulla Libia tra i presidenti russo Putin e turco Erdogan e dopo la Conferenza di Berlino.
Le tremila tonnellate di equipaggiamento militare appena consegnate ad Haftar equivalgono a tutto l’aiuto inviato in tutto il 2019, quando il conflitto in Libia ha fatto centinaia di vittime civili. Quella delle armi è una partita di giro ad ampio raggio. L’Occidente, che invoca l’embargo, le vende – Italia inclusa – a chi poi le cede ai contendenti.
La diffusione dell’informazione, i cui contenuti restano da accertare, coincide con l’arrivo a Bengasi di Salamé, secondo quanto riferiscono fonti locali, deve vedere a Rajma, nel suo quartier generale, il comandante del sedicente Esercito nazionale libico, il generale Haftar.
Molti attori della Conferenza di Berlino esprimono malessere e preoccupazione per le violazioni della tregua e dell’embargo: al-Serraj lamenta il fervore pro-Haftar degli Emirati; e Haftar denuncia l’arrivo a Tripoli di armi turche. Sulo terreno, si registra l’abbattimento di un drone russo ad opera dei lealisti.
Una bozza di risoluzione britannica al Consiglio di Sicurezza dell’Onu chiede il ritiro dei mercenari dalla Libia (e incontra l’ostilità della Russia). Gli Usa sarebbero favorevoli al ricorso ai Caschi Blu in Libia. E la Germania esprime “preoccupazione” per la rottura dell’embargo, ma continua a darsi da fare per un seguito a metà febbraio della Conferenza svoltasi a Berlino il 19 gennaio.