Nel processo per l’impeachment di Donald Trump, in corso al Senato, è un giorno cruciale: l’alternativa è se andare avanti, ammettendo nuovi testi, o se passare subito al voto, che a quel punto sarebbe d’assoluzione. Per ammettere nuovi testi, o nuovi documenti, basta la maggioranza semplice dei cento senatori; per condannare il magnate presidente, ce ne vogliono i due terzi (67 su 100).
I senatori repubblicani sono 53, i democratici 45, due gli indipendenti (che votano coi democratici). Quindi, per ammettere nuovi testi basta che quattro repubblicani votino coi democratici, ammesso che questi siano compatti: una possibilità in tal senso c’è, anche se ieri uno dei possibili ‘transfughi’, il senatore del Tennessee Lamar Alexander, ha annunciato voto contrario.
Il nodo è se ammettere, o meno, la testimonianza dell’ex consigliere per la Sicurezza nazionale, l’ambasciatore John Bolton. Adam Schiff, il deputato democratico che guida l’accusa nel processo, ha proposto di limitare l’eventuale deposizione in Senato di nuovi testimoni a una settimana, lenendo i timori dei repubblicani di uno slittamento sine die del procedimento.
Con un’assoluzione oggi, Trump potrebbe pronunciare martedì il discorso sullo stato dell’Unione, davanti al Congresso in seduta plenaria, senza spade di Damocle sulla testa; in caso contrario, si presenterebbe, invece, sotto impeachment. In caso di parità (50 a 50), il voto determinante potrebbe essere quello del presidente della Corte Suprema John Roberts, che presiede il dibattimento. Trump ha ieri twittato “game over”, con una foto di Bolton.
Ieri, si sono chiusi i due giorni di domande dei senatori ad accusa e difesa. Il senatore repubblicano del Kentucky Rand Paul ha tentato di fare leggere al giudice Roberts una domanda con il nome della presunta ‘talpa‘, l’agente dell’Fbi che con la sua denuncia ha fatto esplodere il Kievgate.
Roberts ha però respinto la domanda. Paul, allora, ha letto la domanda ad alta voce fuori dall’aula davanti alle telecamere. Il senatore chiedeva se l’accusa o la difesa fossero al corrente delle voci che due persone “potrebbero avere tramato insieme l’impeachment del presidente prima che fossero formalmente avviate le indagini”. Il nome della ‘talpa’, protetta dai democratici, era già stato svelato da media conservatori.
Ad aggravare la posizione di Trump nel processo, o almeno a confermarne la tendenza a mentire, è emerso che, dieci giorni prima di cenare con il presidente nel Trump Hotel a Washington Dc, gli imprenditori Lev Parnas e Igor Fruman parteciparono con altre persone a un evento nel suo resort di Mar-a-Lago in Florida. Lo scrive il Washington Post, in base a un video e a testimonianze di alcuni presenti.
Parnas e Fruman, successivamente arrestati, sono due sodali dell’avvocato personale di Trump, Rudy Giuliani che lo aiutarono nell’esercitare pressioni sulle autorità di Kiev perché aprissero un’inchiesta sui Biden. Trump ha sempre sostenuto di non conoscerli e di non averli mai incontrati, nonostante foto e video dimostrino il contrario.