Che sia caduto o che l’abbiano abbattuto i talebani, in fondo conta poco, per la nostra storia: oltre 18 anni dopo l’invasione, l’Afghanistan resta un posto terribilmente pericoloso per i militari Usa e per i loro commilitoni d’ogni nazionalità – gli italiani sono circa 800, il secondo contingente -.
Lunedì scorso, il Pentagono riferiva che un Bombardier E-11A d’un battaglione Usa aerotrasportato per le comunicazioni, utilizzato per convogliare informazioni sul campo di battaglia in tempo reale, era caduto nella provincia di Ghazni, nell’Est dell’Afghanistan, un’area dove i talebani spesso sono padroni. Nessun accenno a eventuali vittime.
I talebani, ore prima, avevano rivendicato l’abbattimento di un aereo Usa, sostenendo che a bordo v’erano diversi alti funzionari Cia. Il Pentagono non confermava la circostanza. Un account social vicino agli insorti mostrava resti in parte carbonizzati di un Bombardier E-11° e riferiva: “Un aereo dell’intelligence del nemico è precipitato nella zona di Sado Khelo, nel distretto di Deh Yak, causando la morte di tutto l’equipaggio e di membri Cia di alto livello. Il relitto e i corpi si trovano sul luogo dell’incidente”.
La polizia della provincia precisava che l’aereo si era schiantato “verso le 13.00″ locali, in una zona “non sicura” a causa della presenza dei talebani, che complica l’invio di soccorsi e l’accertamento dei fatti. Il governo di Kabul spediva sul posto un contingente di Forze speciali.
Secondo l’agenzia di stampa iraniana Mehr, che cita fonti dell’intelligence russa, fra le vittime ci sarebbe uno degli artefici del raid che, la notte tra il 2 e il 3 agosto, portò all’uccisione a Baghdad del generale iraniano Qasim Soleimani. Michael D’Andrea sarebbe stato il capo delle operazione d’intelligence Usa in Iraq, Iran e Afghanistan e avrebbe perciò avuto un “ruolo decisivo in molti atti di terrorismo, incluso l’omicidio del generale Soleimani”.
Informazioni non confermate a Washington. Ma la storia alimenta ‘teorie del complotto’ intorno alla tragica scomparsa di molti elementi delle forze speciali degli Stati Uniti, che – va ricordato – fanno un mestiere pericoloso.
L’incidente, della cui tragicità non si hanno le dimensioni, giunge mentre vanno avanti le trattative tra Usa e talebani per un possibile parziale ritiro del contingente internazionale, in cambio d’impegni sulla sicurezza nel Paese. L’estate scorsa, i negoziati parevano vicini a un’intesa, poi saltata; a fine novembre, il presidente Donald Trump ne aveva dato per imminente la conclusione, ma i talebani lo avevano smentito. E spesso le trattative sono intervallate da offensive militari.
Che la situazione in Afghanistan non sia sotto controllo, lo conferma un rapporto della US AirForce secondo cui gli aerei da guerra americani hanno lanciato più bombe sull’Afghanistan nel 2019 che in qualsiasi altro degli ultimi 10 anni: Washington avrebbe intensificato gli attacchi nel Paese al fine di sbloccare i colloqui con i talebani.
Solo nel 2019, gli aerei Usa hanno sganciato 7.423 ordigni su obiettivi in Afghanistan, Paese che venne attaccato nell’ottobre 2001 perché il regime dei talebani garantiva ad al Qaida protezione e santuari per l’addestramento. Oggi, i talebani restano padroni di porzioni del territorio, al Qaida è ancora nel Paese e vi si sono rifugiati anche miliziani e ‘foreign fighters’ dell’Isis in rotta.
Durante la presidenza Obama, il picco massimo di raid e bombardamenti in Afghanistan s’era avuto nel 2009, con 4.147 bombe sganciate. Anche allora gli Usa volevano ritirarsi dal Paese e cercavano di creare le condizioni per farlo.
Da quando Donald Trump è stato eletto alla Casa Bianca, i bombardamenti sull’Afghanistan si sono intensificati e restrizioni volte a limitare vittime civili sono state tolte. L’aumentata conflittualità coinvolge anche gli altri contingenti nazionali presenti nel Paese: in Italia, la questione del richiamo dei nostri soldati è stata più volte sollevata, ma mai affrontata.
L’Onu e i gruppi per la tutela dei diritti umani hanno ripetutamente espresso preoccupazione perché l’aumento degli attacchi provoca un aumento delle vittime civili. Un rapporto dell’Onu riferisce che, nei primi nove mesi 2019, le forze filo-governative hanno ucciso 1.149 civili, con un aumento del 31% rispetto al 2018: la maggior parte dei “danni collaterali” è stata causata da attacchi aerei Usa e afghani, spesso a sostegno di operazioni condotte dall’esercito afghano. Nello stesso periodo, i talebani sarebbero stati responsabili di 1.207 civili morti.