Per l’Amministrazione Trump, l’Ucraina è come il prezzemolo: la mette dovunque e ne fa sempre un ‘casus belli’ con il Congresso. Il Washington Post rivela che, mentre la Camera stava per votare il rinvio a giudizio del presidente, che rischia l’impeachment nell’Ukrainagate, la Casa Bianca minacciava d’innescare uno shutdown se i democratici non avessero rinunciato, nel bilancio 2020, ad imporre l’immediata concessione di futuri aiuti militari all’Ucraina.
Il veto del presidente alla legge di bilancio avrebbe provocato un nuovo shutdown, cioè una serrata degli uffici non essenziali dell’Amministrazione pubblica, a partire dai parchi e dai musei. Un anno fa, uno shutdown ci fu, innescato dal rifiuto del Congresso di concedere a Trump i fondi per il muro anti-migranti al confine con il Messico.
Alla fine, giovedì, il Senato ha rinunciato alla formulazione sull’Ucraina controversa e ha approvato il pacchetto di spesa per il 2020 da 1.400 miliardi di dollari. Meno di 24 ore dopo, il presidente firmava il bilancio, che comprende il finanziamento della Us Space Force, una nuova componente delle Forze Armate degli Stati Uniti. “Lo spazio è la nuova frontiera di guerra mondiale”, ha detto Trump, firmando il National Defense Authorization Act del 2020. “La superiorità nello spazio è assolutamente vitale”.
La frase sull’Ucraina, riferita ai 250 milioni di aiuti militari stanziati per il 2020, era uno dei punti su cui la Casa Bianca ha ingaggiati un braccio di ferro col Congresso, nella fase finale del negoziato sul bilancio 2020. Se la clausola passava, il presidente non avrebbe potuto porre a Kiev condizioni per quegli aiuti.
L’Ukrainagate e l’impeachment ruotano sul fatto che Trump l’estate scorsa subordinò il versamento di 391 milioni di aiuti militari all’Ucraina all’apertura di un’inchiesta a Kiev contro Joe Biden e suo figlio Hunter: sotto accusa, il baratto tra un interesse di sicurezza nazionale e un interesse elettorale personale. Eric Ueland, uno dei negoziatori della Casa Bianca, ha detto al WP: “Siamo stati cristallini: non avremmo accettato alcuna restrizione ai poteri presidenziali”.
La vicenda s’è conclusa in modo sostanzialmente indolore: bilancio approvato, shutdown evitato, tutti in vacanza nello snodo dell’impeachment tra il rinvio a giudizio della Camera acquisito e l’avvio del processo in Senato. Ma l’attenzione sull’impeachment resta altissima, con Trump che chiede “un processo immediato”, mentre i democratici esitano a trasmettere le carte al Senato.
“Nancy Pelosi sta cercando un quid pro quo (uno scambio, ndr) con il Senato. Perché non fanno l’impeachment a lei?”, twitta il presidente: la speaker della Camera sta negoziando con il Senato regole processuali che tengano conto delle richieste dei democratici. “Quid pro quo” è l’espressione che evoca il baratto tra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelenski.
La Pelosi replica: “E’ appena stato messo in stato d’accusa. E lo sarà per sempre. Non importa cosa farà il Senato. E’ in stato d’accusa per sempre perché ha violato la Costituzione”. Trump rilancia: “I democratici non vogliono che il corrotto Adam Schiff (presidente della Commissione Intelligence della Camera, ndr) testimoni sotto giuramento, come non vogliono che lo facciano i Biden padre e figlio, o la talpa” della telefonata del 25 luglio con Zelensky, quella intorno a cui ruotano le accuse al presidente.
Intanto, al Senato si screzia la compattezza repubblicana. Ma i distinguo di Mitt Romney, senatore dello Utah e punto di riferimento degli ‘anti-Trump’ nel partito, erano noti: “Agirò come un giudice e sarò imparziale nel valutare” il caso dell’impeachment, dice Romney. Il capo-gruppo repubblicano in Senato Mitch McConnell, dice esattamente il contrario: “Non mi sento vincolato all’imparzialità”.