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Ue: Pe dà investitura a team UvdL, grillini divisi

Scritto per il Fatto Quotidiano e, in versione diversa, per il Quotidiano del Sud del 28/11/2019

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Che sia giallo-verde o che sia giallo-rosa, alla maggioranza di governo italiana i voti sull’Europa riescono decisamente indigesti: ne esce sempre divisa. E, la prima volta, a luglio, il Governo Conte ci saltò addirittura su. Questa volta, forse, non succederà, perché la spaccatura sul voto alla Commissione UvdL che si registra non è fra le due principali forze del Conte 2, ma è interna a una di esse.

Chiamati a dare la loro investitura alla nuova Commissione europea guidata dalla cristiano-sociale tedesca Ursula von der Leyen, gli eurodeputati del Movimento 5 Stelle si spaccano: 10 pentastellati appoggiano il nuovo Esecutivo comunitario, due votano contro e due si astengono. Tiziana Beghin, capo-delegazione M5S, parla di “scelte personali”: “Il Movimento ha diverse anime e c’è chi legittimamente non si sente a proprio agio. Ma oggi l’M5S, pur con riserve e con cautele, appoggia questa Commissione”.

Le dichiarazioni dei ‘dissidenti’ non sono concilianti come quella della Beghin. Piernicola Pedicini, che ha votato no, dice che “è in gioco l’identità del Movimento”. Ignazio Corrao, l’altro no, teme “ritorsioni” e afferma: “O si torna a fare movimento con coraggio, per cambiare davvero le cose, o si muore”. Segnali di frizioni nell’M5S che rispecchiano in Europa il disagio che si registra in Italia.

Se il governo giallo-rosa non è coeso nell’emiciclo di Strasburgo, non lo è neppure il centro-destra: Lega e FdI votano contro; FI fa, invece, quella che definisce “una scelta europeista” e vota a favore.

Dal punto di vista europeo, gli screzi italiani, questa volta, contano poco: UvdL e la sua squadra ottengono l’investitura dell’Assemblea di Strasburgo a larga maggioranza, 461 sì, 157 no e 89 astenuti (su 751 eurodeputati). I voti grillini mancanti sono ininfluenti.

A luglio, invece, il Movimento era risultato decisivo: oltre ai sì di Partito democratico e Forza Italia, la von der Leyen, che era passata per soli nove voti, aveva avuto quelli determinanti dei 5 Stelle, che avevano votato in contrasto con i leghisti, allora ancora loro partner nel governo giallo-verde, facendo sentire forse per la prima volta con tanta forza la loro presenza nel Parlamento europeo.

Il Conte 2, che sul voto grillino di luglio ha costruito parte del suo nuovo rapporto con l’Ue, rischia, però, di vedere la sua credibilità scalfita, agli occhi della UvdL e del suo team, dall’episodio di ieri. Anche se l’euforia del momento rende la nuova presidente e i suoi commissari sordi e impermeabili alle polemiche: questa volta, non ci sono state spaccature su base nazionale fra i gruppi ‘europeisti’ dell’Assemblea che sulla carta dovevano sostenerli, i popolari, i socialisti, i liberali e ‘macroniani’.

A conti fatti, la Commissione von der Leyen fa meglio della Juncker: nel 2014, l’Esecutivo guidato dall’ex premier lussemburghese ebbe 423 voti a favore, 209 contrari e 67 astenuti (su 751). Il record in questa classifica è italiano: la Commissione di Romano Prodi, nel 1999, ottenne 510 sì, 51 no e 28 astenuti sugli allora 626 eurodeputati, oltre l’80% dei suffragi. Ma era tutta un’altra Europa, dove le forze sovraniste e populiste non avevano il peso che hanno oggi.

Il risultato di ieri mostra che i malumori delle forze europeiste del Parlamento uscito dalle elezioni di maggio si sono sfogati a luglio e poi nella bocciatura di tre commissari designati – a sorpresa quella della francese Sylvie Goulard -. Ursula è la prima donna alla presidenza della Commissione; il suo Esecutivo, che entrerà in carica il 1o dicembre per cinque anni, è quello con il maggior numero di donne: 11, oltre alla presidente.

Prima del voto, Uvdl ribadisce gli impegni presi in aula a luglio, insiste sul clima e sul Green New Deal – e mostra emozione per Venezia sott’acqua -; fronte migranti, la riforma degli accordi di Dublino è una priorità; fronte sociale, c’è un salario minimo europeo; fronte economico/monetario, l’Unione bancaria va completata.

La von der Leyen parla di “una maggioranza travolgente” e di “un voto per il cambiamento”, ma annacqua – lei, ex ministro della Difesa –  le speranze di chi vede nella difesa la nuova frontiera dell’integrazione europea (“l’Unione non sarà mai un’alleanza militare”). E sulla Brexit dice: “Sarò sempre una remainer”. Il responsabile dell’Economia Paolo Gentiloni indica come “priorità assoluta il rilancio della crescita”: “la flessibilità è necessaria, ma non è sufficiente”.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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