Il video di un uomo dato alle fiamme a Hong Kong diventa virale sui social media, com’era già successo alla clip del poliziotto che sparava dritto su un manifestante, ferendolo gravemente. L’uomo torcia è in condizioni critiche per ustioni di secondo grado sul 28% del corpo, concentrate soprattutto su braccia e torace. Questa volta, non si tratta di un contestatore del regime pro Pechino, ma di un contestatore dei contestatori: la sua vicenda viene anche sfruttata dalla propaganda cinese.
La governatrice di Hong Kong Carrie Lam, la cui uscita di scena è stata più volte annunciata, ma non è finora avvenuta, ha detto che dare fuoco a una “persona è un atto totalmente inumano e imperdonabile”. Ma si registrano atti di violenza anche da parte delle forze dell’ordine: un ragazzo di 21 anni, tutto in nero, raggiunto da un colpo di pistola di un agente è in condizioni critiche, dopo avere subito un intervento chirurgico. Alla stampa, il sovrintendente capo della polizia John Tse assicura che l’agente che ha sparato “non aveva cattive intenzioni”, ma temeva che il giovane gli volesse sfilare la pistola. “L’agente ha tirato fuori l’arma come avvertimento, ma il ragazzo continuava a cercare d’impossessarsene”. Sul caso, indaga la Regional Crime Unit.
E’ stata invece disposta la sospensione immediata per un agente che con la sua moto ha tentato più volte d’investire i manifestanti. Segnali di nervi a fior di pelle e di esasperazione, in capo a mesi di proteste, tensioni, scontri, violenze, da una parte come dall’altra. Il clima a Hong Kong favorirebbe – secondo un reportage della Cnn – casi di radicalizzazione integralista, con domestiche musulmane indonesiane reclutate qui e a Singapore dal sedicente Stato islamico e pronte a diventare kamikaze.
Sull’episodio dell’uomo in fiamme vi sono diverse ricostruzioni, non sempre coincidenti: sarebbe avvenuto nel primo pomeriggio alla stazione della metropolitana di Ma On Shan. Nelle immagini, non nitide e montate, la vittima, un uomo di mezza età, è ferito alla testa, si muove barcollando, indossa una maglietta verde e urla contro un gruppo di giovani attivisti, accusandoli di essere “britannici” e non cinesi. La piccola folla radunatasi gli risponde “Siamo tutti di Hong Kong” e gli intima di non colpire nessuno degli astanti. All’improvviso, si fa avanti una persona, che non si vede, versando sull’uomo del liquido infiammabile e dandogli poi fuoco. Il rogo divampa subito, ma non è poi chiaro che cosa sia successo alla vittima: c’è un fuggi fuggi generale e l’uomo resta a terra a bruciare come un cencio.
E’ stato il momento più drammatico di una giornata di scontri tra manifestanti anti-Pechino e forze dell’ordine. La Lam, chiedendo “quanto prima il ritorno della calma”, ha lamentato due persone che versano “in condizioni critiche”: il ragazzo in nero colpito da un proiettile sparato da un agente – ma ci sarebbe pure un secondo ferito – e l’uomo dalla maglietta verde dato alle fiamme. Giorni fa, aveva destato emozione il decesso di un giovane caduto da un edificio mentre cercava di sottrarsi alla polizia.
Le scene della giornata ‘insurrezionale’ sono impressionanti: per la terza volta in cinque mesi agenti hanno colpito con armi da fuoco manifestanti; e la polizia ha pure tirato raffiche di gas lacrimogeni e usato i cannoni ad acqua; i dimostranti hanno appiccato incendi – uno a un ufficio dell’Amministrazione in un condominio residenziale – e causato devastazioni.
La governatrice di Hong Kong ha smentito le voci, diffusesi su internet, dell’imminenza del varo di misure d’urgenza straordinarie: una sorta di serrata della città, con la chiusura di scuole, Borsa e luoghi di lavoro, dopo i violenti scontri delle ultime ore con scenari da guerriglia. La Lam ha prima diffuso un comunicato e ha poi fatto una conferenza stampa, “per smentire le misure straordinarie. Dobbiamo solo tornare alla calma, la violenza non porta alcuna soluzione”.
Per l’Amministrazione, “i rivoltosi sono nemici del popolo” e hanno ormai superato ogni limite, ma “non vedranno le loro richieste soddisfatte”. Le risponde Joshua Wong, un leader del ‘movimento degli ombrelli’ del 2014 e tra gli attivisti più in vista del fronte pro-democrazia: “E’ doloroso vedere la città caduta in uno stato di polizia”, dice. Un invito a Wong in Italia, da parte della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, sta creando attriti tra Roma e Pechino, che ha invitato l’Italia “a non offrire una sponda agli indipendentisti”.