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Usa: Russiagate, l’inchiesta riparte al contrario da Barr

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/10/2019

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L’inchiesta sul Russiagate riparte al contrario. Dopo che il procuratore speciale Robert Mueller indagò per 20 mesi su collusioni tra la campagna 2016 di Donald Trump ed emissari del Cremlino, ora il segretario alla Giustizia William Barr ha trasformato l’inchiesta amministrativa sulle origini del Russiagate, in corso da maggio, in un procedimento penale: il Russiagate sarebbe – è la tesi dell’Amministrazione, cioè di Trump – una macchinazione dei democratici, e in primis di Obama, per screditarlo e per intralciarne l’elezione.

A darne notizia per primo è stato Politico. Il procuratore John Durham, che conduce l’indagine, ha ora maggiori poteri: può emettere mandati di comparizione, anche attraverso un Grand Giurì, e ottenere documenti e testimonianze. Dirigenti ed ex dirigenti di Fbi e Dipartimento di Giustizia che condussero l’inchiesta sul Russiagate rischiano di finire sotto processo, se dovesse emergere che violarono la legge.

Mueller non giunse a mettere sotto accusa il magnate nel frattempo eletto presidente, ma non lo scagionò neppure. Non è per ora chiaro fin dove possa arrivare Durham, né quali capi d’imputazione possa formulare. Ma il clima s’è incattivito; e la Casa Bianca ha disdetto gli abbonamenti a NYT e WP, “veicoli di fake news” e ha invitato gli altri organi governativi a fare lo stesso.

La mossa dell’Amministrazione, che può essere un tentativo di sviare l’attenzione dalla procedura d’impeachment avviata dai democratici alla Camera contro Trump, nella scia dell’Ukrainagate, ha immediatamente suscitato la reazione dell’opposizione. In una nota, i presidenti delle commissioni Intelligence e Giustizia della Camera, che conducono l’istruttoria sull’impeachment, esprimono “profonde preoccupazioni che il Dipartimento della Giustizia sotto la guida di Barr abbia perso l’indipendenza e sia divenuto uno strumento di vendetta del presidente”.

Trump, in realtà, dice ai giornalisti di non saperne nulla, ma appare molto improbabile che Barr abbia agito senza l’avallo del presidente. Tanto più che in passato il magnate ammise di considerare la giustizia uno strumento politico nelle sue mani.

Sull’impeachment, le rivelazioni si succedono. Secondo il New York Times, la Casa Bianca bloccò non solo gli aiuti militari all’Ucraina ma anche facilitazioni commerciali, per rafforzare la richiesta di Trump al presidente ucraino Volodymyr Zelensky di aprire un’inchiesta sul figlio di Joe Biden, Hunter, in affari con una società energetica ucraina.

A fine agosto, il negoziatore Usa sul commercio internazionale Robert Lighthizer ritirò la proposta di ripristinare alcuni privilegi commerciali concessi all’Ucraina, dopo che John Bolton, allora consigliere per la Sicurezza nazionale, l’avvertì che Trump si sarebbe opposto a ogni mossa a favore di Kiev.

Lo stesso Bolton, nel frattempo dimessosi – o dimesso – dal suo incarico, ha avuto contatti, tramite suoi legali, con le commissioni della Camera che istruiscono la pratica di impeachment: si negozia una sua testimonianza, dopo quella dell’ambasciatore Usa ad interim a Kiev Bill Taylor, cui Bolton avrebbe espresso disagio per la telefonata ‘incriminata’ di Trump a Zelensky.

Impotenti a frenare l’emorragia di rivelazioni imbarazzanti per Trump, e potenzialmente incriminanti, i senatori repubblicani cercano di frenare la procedura della Camera con una mozione che ne contesta la legittimità.

Il clima intriso di giustizialismo di questa fase della presidenza Trump s’arricchisce ogni giorno d’episodi anche paradossali: BuzzFeed racconta che il rapper Eminem fu interrogato lo scorso anno dal Secret Service per i testi “minacciosi” della canzone ‘Frame’ nei confronti di Ivanka Trump, ‘prima figlia’ del magnate presidente – l’indagine venne poi archiviata -.

Chi, invece, ha ritrovato la libertà e presto tornerà a casa è l’agente russa Maria Butina, condannata in aprile a 18 mesi di carcere dopo essersi riconosciuta colpevole d’avere cospirato contro gli Usa e d’avere cercato di infiltrare la lobby delle armi, la Nra, e di creare canali di comunicazione occulta tra il governo russo e il Partito repubblicano e l’allora candidato alla presidenza Trump. Per ‘Maria la rossa’, s’era speso lo stesso Putin; e qualcosa, alla fine, ha ottenuto.

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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