HomeMondoHong Kong: Lam ritira legge, Cina subisce smacco

Hong Kong: Lam ritira legge, Cina subisce smacco

Scritto per il Quotidiano del Sud del 24/10/2019

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Se è vero, e soprattutto se sarà vero, è il primo smacco della Cina da molto tempo a questa parte, forse il primo smacco in assoluto del presidente ormai a vita Xi Jinping – dazi di Donald Trump esclusi, che però sono soprattutto uno smacco per gli Usa -. Secondo il Financial Times, che cita non meglio precisate sue fonti, Pechino ha un piano per sostituire la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, rimpiazzandola con un leader ad interim.

Un modo per darla vinta a chi da mesi protesta, senza fare concessioni sostanziali, salvo il ritiro, formale da ieri formale, della contestata e controversa proposta di legge sulle estradizioni in Cina, causa delle proteste partite a giugno e divenute manifestazioni anti-governative e pro-democrazia, con la richiesta di riforme, tra cui l’autodeterminazione, ma con il fardello di crescenti violenze.

Anticipato a settembre, il ritiro, a sei mesi dalla prima lettura da parte del Parlamento, a otto mesi dall’annuncio del progetto, avviene poco prima della ripresa dei lavori dell’Assemblea. Logorata dalle proteste, indebolita dagli errori, la Lam ha finora goduto di un sostegno apparentemente adamantino da parte delle autorità cinesi. Le correzioni di rotta non hanno acquietato la piazza, esasperata quando, l’1 ottobre, la governatrice celebrava a Pechino il 20° anniversario del passaggio dal controllo britannico a quello cinese, presente tutto il ‘gotha’ del Partito comunista cinese, mentre Hong Kong viveva la sua giornata più violenta e più drammatica.

Le indiscrezioni del Financial Times sono dettagliate, anche se i portavoce le declassano a ‘rumors’. Se il presidente Xi decidesse di procedere, la Lam potrebbe essere sostituita entro marzo, quando ci sarà la sessione plenaria dell’Assemblea nazionale del Popolo cinese. Il successore potrebbe restare in carica fino alla scadenza del mandato, il 2022. Fra i candidati, Norman Chan, ex numero uno della Hong Kong Monetary Authority, e Henry Tang, figlio di un magnate del tessile che è anche stato il responsabile delle finanze di Hong Kong. Nella rosa ci sarebbero pure altri due Chan, Paul e Bernard, ritenuti però troppo vicini all’attuale Amministrazione.

Prima di andare avanti su questa strada, Pechino vuole aspettare che la situazione a Hong Kong si stabilizzi: giunte al quinto mese, le proteste vanno avanti e i protagonisti non intendono fermarsi fino a quando i leader del territorio non saranno stati scelti tramite elezioni democratiche. La Cina s’augura, invece, che l’aumento degli arresti e della repressione riduca la violenza per le strade e che gli incidenti e i disagi finiscano con l’erodere il sostegno dell’opinione pubblica.

Carrie Lam, il cui nome cinese è Cheng Yuet-ngor, è una cattolica devota – studiò dalle Canossiane -, che crede che avrà un posto in paradiso perché fa “cose buone”. Molti suoi concittadini la considerano “una marionetta” dei cinesi. 62 anni, capo dell’Esecutivo di Hong Kong dal 1o luglio 2017, dopo la ‘rivoluzione degli ombrelli’, prima donna a ricoprire quell’incarico, dice si sé: “Ho una carica che richiede dialogo e sintonia con le autorità cinesi, ma rispondo alla Costituzione ed alla gente di Hong Kong”.

Tutte le decisioni importanti le prende d’intesa, e non il contrasto, con la Cina, spesso dopo essersi consultata con Han Zheng, uno dei sette membri del Comitato permanente del Politburo del Partito comunista cinese, responsabile dei rapporti con Hong Kong.

Sposata nel 1984 con un matematico di Hong Kong conosciuto a Cambridge, la Lam ha rinunciato alla cittadinanza britannica, mentre il marito e i due figli – educati in Inghilterra – l’hanno tutti e tre mantenuta. Carrie Lam ha esperienza quasi quarantennale dell’amministrazione, e della diplomazia, di Hong-Kong: laureatasi presso l’Università della ‘città isola’, entrò nel servizio pubblico nel 1980 e fece pratica in diversi uffici e dipartimenti.

Nel 2007, ebbe una promozione chiave: divenne segretaria per lo Sviluppo e si fece una reputazione di donna forte gestendo la demolizione del Molo della Regina. Collaboratrice del governatore Leung Chun-ying nel 2012, poi a capo della task force sullo sviluppo costituzionale, gestì i colloqui con leader studenteschi durante le proteste e le occupazioni su larga scala del 2014.

Nel 2017, fu eletta a capo dell’esecutivo con 777 voti sui 1.194 membri del comitato elettorale: era la favorita di Pechino e batté nettamente i suoi avversari, l’ex responsabile finanziario John Tsang e il giudice Woo Kwok-hing.

 

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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