Dispiacere, un po’ dispiace, che i britannici se ne vadano: oltre mezzo secolo insieme, certo sempre a fare distinguo e a spaccare il capello (e la sterlina) in quattro, loro spesso a stare a guardare, come a Maastricht, e sempre a strizzare l’occhio all’America, con cui si vantano d’avere una relazione speciale. Ma sul rammarico prevale la soddisfazione d’avere forse chiuso una trattativa sfiancante: ai 27, l’intesa sta bene; il problema è di vedere se starà bene a Londra, quando i Comuni, domani, la voteranno.
Il sentimento europeo è ben espresso dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, al passo dell’addio: “Sono felice per questo accordo, ma sono triste per la Brexit”, dice, avendo accanto il premier britannico Boris Johnson, che invece gongola per l’uno e per l’altra.
Questo mix di rimpianto e di sollievo si riflette nella rapidità con cui il Vertice europeo concorda l’avallo dell’accordo di recesso del Regno Unito: “Il Consiglio europeo sollecita le Istituzioni dell’Ue a fare i passi necessari per assicurare che l’intesa possa entrare in vigore il primo novembre, in modo da garantire un ritiro ordinato” della Gran Bretagna dall’Unione europea.
Un ritiro ordinato che sta a cuore più a Londra che a Bruxelles: lo spiega bene Kristalina Georgieva, alla guida dell’Fmi: il ‘no deal’ potrebbe costare tra il 3,5 e il 5% del Pil alla Gran Bretagna, lo 0,5% all’Ue. E’ anche per questo che l’Unione ha sempre trattato in scioltezza, unita e coesa come raramente avviene, mentre i britannici arrivano divisi alla meta, ammesso che ci arrivino.
La sala del Vertice dei 27 decorata con zucche da Halloween evoca spettri e paure che l’accordo dissipa. Leo Varadkar, premier irlandese, figura chiave di questa intesa, perché la frontiera aperta tra Eire e Ulster è il pomo del contendere, parla di “un buon accordo per l’Eire come per l’Ulster” e ne raccomanda l’adozione ai suoi colleghi: il patto garantisce che “non vi sarà un confine fisico” irlandese e che “il mercato unico sarà preservato”.
Michel Barnier, il negoziatore europeo, assicura che la pace in Irlanda è sempre stata una priorità sua e dell’Ue. E Ursula Von der Leyen, che sta per prendere il posto di Juncker, mette anch’essa l’accento sulla pace garantita.
Il presidente uscente del Consiglio europeo Donald Tusk avverte che è difficile prevedere che cosa accadrà domani a Londra. E Paolo Gentiloni, che studia da commissario europeo, considera la fine ancora lontana. Ma l’intesa è “una buona notizia” per Angela Merkel e “tutela gli interessi di tutti” per Emmanuel Macron. Avanti senza Londra, forse per andare più lontano.