Per la guerra nel Nord-Est della Siria, turchi contro curdi, è una giornata che, con lo stop alla vendita di armi alla Turchia, sembrano succedere più cose nelle stanze della diplomazia, nelle aule dei Parlamenti, nelle telefonate fra presidenti che sul terreno. Dove, però, si continua a sparare e a morire e, soprattutto, a fuggire da bombardamenti e combattimenti: l’offensiva di Ankara ha già fatto oltre 275 mila sfollati, che potrebbero diventare 400 mila nel Rojava. I turchi stimano di avere eliminato 600 combattenti curdi – loro dicono “terroristi” – e di avere conquistato mille kmq di territorio. Colpi di mortaio cadono in Turchia, fanno feriti. Russia e Cina sperano di circoscrivere la crisi; e Mosca vuole evitare lo scontro militare tra Ankara e Damasco.
Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio annuncia alla Camera che l’Italia sospende l’export d’armi alla Turchia e avvia pure “un’istruttoria sui contratti di vendita in essere”: misure che trovano concordi tutte le forze politiche. La Gran Bretagna fa lo stesso; Francia, Germania, Spagna, i Paesi Nordici, l’Olanda lo avevano già fatto.
“La Turchia è la sola responsabile dell’escalation” in Siria e “deve immediatamente sospendere l’azione militare”, dice Di Maio, che esprime gratitudine ai curdi, per quanto hanno fatto contro l’Isis, il sedicente Stato islamico, e paventa “effetti devastanti sul piano umanitario”. Da Tirana, dove è in visita, il premier Giuseppe Conte schiera l’Italia in prima fila nel fronte europeo anti-conflitto: “L’ho detto e lo ripeto con forza, sulla Turchia l’Italia sarà capofila di una decisione forte da parte dell’Ue. Ma per essere efficace e portare a un risultato concreto questa decisione deve essere unitaria. Il blocco dell’export d’armi verso la Turchia è una iniziativa doverosa, ma non sarà la sola … Non è accettabile che l’Ue, che finanzia ampiamente Ankara, ne accetti le minacce sui rifugiati siriani”. Nicola Zingaretti e Matteo Renzi, leader di Pd e Italia Viva, prospettano l’ipotesi d’una forza di interposizione fra turchi e curdi.
Per l’Italia, la Turchia è il terzo Paese al Mondo, dopo Qatar e Pakistan, destinatario del suo export militare. Il blocco sulle vendite a venire è immediato; i tempi dell’istruttoria su quelle in essere, già autorizzate, non sono certi, Ma Di Maio assicura che “tutti gli atti necessari” saranno “formalizzati nelle prossime ore”. Il tema del conflitto nel Nord-Est della Siria e delle misure contro la Turchia sarà presente nelle conversazioni che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato da Di Maio, avrà oggi alla Casa Bianca con Donald Trump.
Per il momento, però, “il tema delle sanzioni alla Turchia non è sull’agenda” del Consiglio europeo di domani e venerdì, dice una fonte del governo di Berlino: si “parlerà dell’invasione della Turchia” nel Nord-est della Siria, ma non di sanzioni. E, intanto, Erdogan torna a sfidare l’Occidente e specialmente l’Unione: “Sosteneteci o accogliete i rifugiati”, quei due milioni di siriani in Turchia di cui lui nel 2016 ha barattato la custodia con sei miliardi di euro.
La pressione europea si sviluppa anche al Palazzo di Vetro, dove i cinque membri Ue del Consiglio di Sicurezza, i due permanenti, Gran Bretagna e Francia, e Germania, Polonia, Belgio, sollecitano una nuova riunione – una prima, la settimana scorsa, non approdò a decisioni concrete -.
E poi c’è un intreccio di contatti telefonici, con Erdogan – la cancelliera tedesca Angela Merkel ci ha passato un’ora, l’altro giorno – e con Trump. Conte si ripromette di parlare con il leader turco, con sui il presidente francese Emmanuel Macron ammette il persistere di “profonde divergenze”. Parlando con Trump, Macron insiste sulla “necessità assoluta” di impedire il riemergere dell’Isis dopo l’intervento turco contro le postazioni curde in Siria.
Il premier francese Edouard Philippe deplora scelte “devastanti” da parte di Ankara e Washington: “Il caos che ne scaturisce favorirà il riemergere dell’Isis”. A fronte di questi timori, Erdogan s’impegna a non favorire la fuga degli jihadisti dalle carceri curde in cui sono detenuti.
Il premier britannico Boris Johnson e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che è appena stato ad Ankara, condividono “una profonda preoccupazione” e chiedono che cessi “l’operazione turca” contro le milizie curde. I due preparano il prossimo vertice atlantico, che si farà a Londra e che s’annuncia turbolento