Nel giornalismo, capita. A volte, capita. Che un ‘ragazzino’, e un testata senza blasone, battano colleghi e media prestigiosi. L’ultimo esempio viene dagli Stati Uniti: onore, dunque, al merito di Andrew Howard, 20 anni, e a ‘The State Press‘, il giornale della Arizona State University. Andrew e la sua testata sono stati i primi a dare la notizia, venerdì 27 settembre, delle dimissioni di Kurt D. Volker, inviato per l’Ucraina del presidente Trump.
Volker è stato la prima vittima dello scandalo derivato da una telefonata il 25 luglio tra i presidenti Usa Trump e ucraino Vorodymyr Zelensky, durante la quale il magnate chiese all’ex attore di far avviare indagini su Hunter Biden, figlio del suo potenziale rivale democratico per Usa 2002 Joe Biden. Volker era presente a quella telefonata: non è ancora chiaro se se ne sia andato perché in disaccordo con l’Amministrazione o per addossarsi almeno parte della responsabilità di quel passo falso (del suo presidente), che ha innescato una procedura di impeachment nel Congresso.
Una domanda sorge spontanea: che c’entra ‘The State Press’, giornale universitario, attento alla vita dell’Ateneo e del campus – in home page, i risultati della squadra di football e novità sui dormitori -, con una vicenda nazionale e financo internazionale? Un nesso tra il giornale e la storia c’è, perché Volker è il direttore esecutivo del McCain Institute, un think tank di Washington che porta il nome del senatore repubblicano dell’Arizona John McCain scomparso nel 2018, un acerrimo avversario del presidente Trump. Il think tank è un’emanazione della Arizona State University.
Siccome sapeva dei legami tra Volker e l’Università, Howard ha pensato di sentirlo per ricavarne delle informazioni di interesse locale su una vicenda nazionale. E, invece, è saltato fuori lo scoop: pubblicato online come breaking news sulla home page di ‘The State Press’ e immediatamente ripreso a livello globale.
Quale che sia il nesso, il ventenne Andrew ha avuto il merito di pensare di andare a sollecitare Volker, di provare a sentire una fonte con informazioni di prima mano. E così s’è ritrovato al centro dell’attenzione dei grandi media: l’Associated Press gli ha dedicato un bel servizio, da cui traiamo gran parte di queste informazioni; ed è possibile – perché l’America è anche questo – che qualcuna delle testate prestigiose battute gli offra ora, o dopo la laurea, un posto di lavoro.
Illustri giornalisti di Washington, invece di rodere, come avrebbero probabilmente fatto se lo scoop lo avesse fatto uno di loro, hanno reso omaggio a Howard e a ‘The State Press’: “Diamine!, che scoop”, ha scritto la corrispondente dalla Casa Bianca del New York Times Maggie Haberman.
Andrew se la gode, ma un po’ si schermisce: “Non ho fatto granché di diverso del solito”, dice, condividendo il merito col direttore, che gli ha lasciato seguire la sua intuizione. “Non pensavamo di ottenere uno scoop”, aggiunge lo studente di giornalismo e scienze politiche, che in principio sperava solo di riuscire a proporre un articolo sulla vicenda di Washington con un taglio locale.
“Apprezzo l’attenzione che stiamo ricevendo dai media – lo cita fra virgolette l’Ap – E’ una cosa molto buona per il nostro giornale. Ed è un risultato avere dimostrato che studenti di giornalismo possono lavorare bene come chiunque altro”. Howard, che è cresciuto a Phoenix, la capitale e la città più grande dell’Arizona, lavorava già per il giornale del liceo e ha una madre che ha studiato giornalismo.
“Sono cresciuto in una famiglia che conosce il valore delle notizie e l’ho capito – racconta – Passo un sacco di tempo a ‘The State Press’, forse troppo”. Questa volta, almeno, è stato tempo ben speso.