Lo spread dimezzato, i migranti redistribuiti, le aperture – da verificare – su flessibilità e revisione del Patto di Stabilità: l’Italia del Contebis sta incassando dall’Ue il dividendo del cambiamento, cioè del ritorno al passato, un Paese che gioca la partita dell’integrazione e non un Paese che litiga con i partner migliori e si sceglie gli amici sbagliati.
Con la designazione di Paolo Gentiloni alla Commissione europea, è un’Italia più forte in Europa? Più che dagli uomini presenti nelle Istituzioni comunitarie e dai loro incarichi, la forza d’un Paese nell’Unione dipende dalla sua credibilità e dai suoi comportamenti.
Prima delle europee di maggio, l’Italia non era mai stata così forte nelle Istituzioni comuni: aveva tre delle cinque/sei posizioni apicali, il presidente della Commissione, il ‘ministro degli esteri’ europeo – Federica Mogherini -, i presidenti del Consiglio europeo, del Parlamento di Strasburgo – Antonio Tajani -, dell’Eurogruppo e della Banca centrale europea – Mario Draghi -.
Eppure, a Bruxelles contavamo pochissimo, meno che mai, con un governo senza interlocutori politici influenti nel Consiglio europeo e senza spalle politiche valide nel Parlamento europeo.
Ora che abbiamo solo una posizione apicale – e per dispetto ricevuto: l’elezione di David Sassoli alla presidenza del Parlamento europeo è stato uno sberleffo, non un favore, al governo italiano, che non lo sosteneva -, siamo forse messi meglio: Gentiloni ha un portafoglio importante (in assoluto e per l’Italia), quello degli affari economici; e nella squadra di governo, in posizioni per Bruxelles chiave, ci sono personaggi che l’Unione conosce e apprezza, a partire dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Ma, soprattutto, la retorica governativa europea non è più quella dei ‘tanti nemici molto onore’, anzi ‘tutti nemici, molto onore’, ma è quella del dialogo e del confronto con i partner cui siamo sempre stati più vicini (e che sono sempre stati più attenti alle nostre posizioni, Francia e Germania).
Revisione del patto di stabilità, e riforma di Dublino non sono più, anzi non sono mai stati, tabù nell’Ue, se si gioca il gioco delle proposte, dei negoziati, del delicato equilibrio fra risultati ottenuti e concessioni fatte. Sapendo di che cosa si parla e non provando a gettare, com’è nostra frequente tentazione, il cuore oltre l’ostacolo, incasseremo finalmente il nostro dividendo.