Si lavora nell’Ue a un meccanismo di ridistribuzione dei migranti permanente che eviti il trauma d’un happening a ogni arrivo di imbarcazione con richiedenti asilo in un porto europeo. Il cambio d’atteggiamento dell’Italia verso l’Ue può essere una carta vincente per le Istituzioni comunitarie.
Il piano di ridistribuzione per la Ocean Viking, attivato “con una forte adesione dei Paesi Ue”, secondo quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi, anticipa quanto, in un prossimo futuro, potrà forse avvenire in modo automatico, con la regia della Commissione europea. Ma il cammino è ancora lungo, le insidie non mancano: la prima trappola da evitare è lo scambiare i propri desiderata con intenti comuni.
Un segnale positivo arrivato in queste ore da Bruxelles è la decisione di prorogare per altri sei mesi l’operazione europea anti-scafisti Sophia, che va avanti nel formato attuale -un paradosso -, priva cioè dei suoi mezzi navali, ma che non viene soppressa. Riuniti nel Comitato politico e di sicurezza dell’Ue (Cops), i rappresentasnti dei 28 hanno dunque tenuto in vita Sophia, lasciando così aperta l’ipotesi d’una sua rivitalizzazione, alla luce di quanto avverrà nel prossimo futuro.
Si pensa a un meccanismo di ridistribuzione cui, in un primo tempo, potrebbero aderire un numero di Paesi ristretto: quelli di approdo, Grecia, Malta, Italia, Spagna, e quelli che accettino di farsi carico di parte dei migranti, Francia e Germania sicuramente, i Paesi del Benelux con l’incognita Olanda, forse il Portogallo, forse i Paesi Nordici con l’incognita Danimarca. L’iniziativa potrebbe poi allargarsi fino a diventare una cooperazione rinforzata nell’ambito Ue – è una formula prevista dai Trattati, che richiede il coinvolgimento di almeno 12 Stati -, in fondo già attuata sia per l’euro, che riguarda 19 dei 28, che per Schengen.
Scampoli di quel che l’Italia ha in mente si ricavano dalle dichiarazioni del premier Giuseppe Conte, mercoledì a Bruxelles, e di esponenti del governo e della maggioranza. Ma i margini d’incertezza sono molti: passi avanti e chiarimenti potranno venire, la prossima settimana, mercoledì 18, quando il presidente francese Emmanuel Macron sarà a Roma e il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese a Berlino. E un momento decisionale collettivo potrebbe essere rappresentato dal Consiglio europeo del 18 ottobre, a Bruxelles.
Ma sarebbe forse prudente non aprire troppi tavoli negoziali contemporanei, tenendo inoltre conto del fatto che gli interlocutori a Bruxelles si stanno sovrapponendo: il dossier migranti è ancora gestito dal commissario uscente, un greco, Dimitris Avramopoulos e il suo successore, pure greco, Margaritis Schinas, entrerà in carica, come tutto l’Esecutivo guidato da Ursula von der Leyen, solo il 1o novembre.
Per il momento, però, si registra un ottimismo inconsueto e una dose di disponibilità incoraggiante, nonostante le incognite siano molte: ad esempio, il meccanismo riguarderà solo i richiedenti asilo o anche i migranti economici?, e chi gestirà il rimpatrio di coloro la cui domanda di asilo sarà stata respinta?, e chi deciderà in che porto sicuro una nave con migranti a bordo potrà attraccare? Conte, dopo gli incontri a Bruxelles con la von del Leyen e con Charles Michel e con i loro predecessori Jean/Claude Juncker e Donald Tusk, dice: “Chi non parteciperà” alla ripartizione dei migranti ne pagherà le conseguenze “in misura consistente sul piano finanziario”. Ma fin quando il meccanismo sarà volontario o frutto di una cooperazione rinforzata ciò appare aleatorio.
Il ministro degli Esteri, e capo politico del M5S, Luigi Di Maio, vuole “fermare le partenze”, anche “con politiche di sviluppo” in Africa; ma prima “bisogna rendere più veloce un meccanismo per la redistribuzione europeo”. Il leader del Pd Nicola Zingaretti afferma: “Credo che dovremo garantire la distribuzione dei migranti nei tempi più veloci possibili”, evitando di “lasciare esseri umani all’infinito in mare”.
L’idea di superare il protocollo di Dublino, che lascia al Paese di ingresso tutto l’onere dell’accoglienza dei richiedenti asilo e della verifica del loro diritto, è condivisa dalla Francia, che prospetta una “politica dell’asilo europea”, il “rafforzamento di Frontex” – l’operazione di controllo delle frontiere esterne – e “un’evoluzione” del regolamento di Dublino. Parigi avverte, però, che molte proposte sono già state messe sul tavolo e non sono divenute decisioni.
Qui c’è una nota dolente italiana. Il regolamento di Dublino poteva essere cambiato a maggioranza: c’era una proposta della Commissione e c’era pure un parere favorevole del Parlamento europeo. Ma nel Consiglio europeo del giugno 2018, il Vertice d’esordio nell’Unione del premier Conte e del suo governo giallo-verde, l’Italia condivise un’iniziativa che vincolava all’unanimità tutte le decisioni sull’immigrazione, rendendo di fatto impossibile la riforma di Dublino, osteggiata dai Paesi del Gruppo di Visegrad, e facendo pure cadere il meccanismo di redistribuzione del 2016, che procedeva a rilento in buona parte per l’opposizione del Gruppo di Visegrad.
Anche per questo, ora il commissario Avramopoulos auspica che “tutti gli Stati membri capiscano che questo è il momento d’adottare un meccanismo permanente”, piuttosto che di parlare di riforma di Dublino. Il responsabile Ue è “molto deluso dalla posizione adottata da alcuni governi” sull’immigrazione: “Alcuni credono che sia un problema lontano, che riguardi l’Europa meridionale. Non è così. Quello che stiamo cercando di fare è adottare una strategia per tutta l’Europa”.