Il flop dell’audizione sul Russiagate in Congresso e lo sblocco dei fondi per il muro da parte della Corte Suprema mettono le ali ai piedi a Donald Trump: il magnate presidente procede come un bulldozer – noi diremmo una ruspa – ed abbatte gli ostacoli sul suo cammino. Nel week-end, è saltato Dan Coats, direttore dell’intelligence nazionale, l’uomo che coordina il lavoro di tutte le 17 agenzie d’intelligence statunitensi, dalla Cia alla Nsa.
Ora, sotto tiro c’è il direttore della Federal Reserve Jerome Powell, che in settimana deve decidere se abbassare o meno i tassi d’interesse. La cosa singolare è che gli strali di Trump s’abbattono quasi sempre su persone che lui stesso scelte.
Coats, di cui Trump voleva liberarsi fin dall’inverno, lascerà l’incarico il 15 agosto. Il suo posto sarà preso da John Ratcliffe, un repubblicano del Texas al terzo mandato. Lo ha annunciato via twitter come suo costume lo stesso presidente, dopo che tra sabato e domenica il tamtam dell’avvicendamento s’era fatto insistente sui media Usa.
L’addio di Dan Coats è una cattiva notizia per la sicurezza nazionale, dice la speaker della Camera Nancy Pelosi: Coats era un funzionario esperto, che aveva il coraggio di contraddire il presidente, che critica l’intelligence tutte le volte che non gli dice quello che lui vorrebbe sentirsi dire; Ratcliffe è un politico il cui merito maggiore è quello d’avere torchiato Mueller nell’audizione sul Russiagate della scorsa settimana, accusandolo di non aver seguito le linee guida del Dipartimento di Giustizia.
Se il Senato ne avallerà la nomina, ratcliffe diventerà il sesto direttore della National Intelligence, un posto creato dal presidente Bush jr dopo che gli attacchi dell’11 Settembre 2001 avevano fatto emergere carenze di coordinamento fra le diverse agenzie.
Tra Coats e Trump, gli scontri sono stati frequenti negli ultimi mesi, ma fra i due non c’è mai stata sintonia. Coats, 76 anni e una lunga esperienza, ha sempre difeso i suoi uomini e s’è anche esposto in prima persona, contraddicendo il presidente in Congresso su Iran, Russia, Isis e clima. A tenerlo finora al suo posto, sarebbe stato il buon rapporto con il vice-presidente Mike Pence, che ha sempre mostrato fiducia e simpatia per quel vecchio repubblicano tutto d’un pezzo.
Ad irritare Trump sarebbero state i giudizi di Coats sulla Corea del Nord e sulla mancata volontà del leader Kim Jong-un a denuclearizzare la penisola coreana. Il presidente non avrebbe neppure gradito la tempistica con cui Coats, poco prima dell’incontro con Vladimir Putin, aveva reso pubblici i timori dell’intelligence sulla campagna di cyber-attacchi orchestrata da Mosca.