A Hong Kong, spuntarla è difficile: dietro il governatore, c’è la Cina, un monolite politico. A Porto Rico, una Hong Kong dei Caraibi, teatro da giorni di proteste di massa, è più facile: dietro, ci sono gli Stati Uniti dello showman presidente, Donald Trump, che, quando sente puzza di bruciato, scarica subito i suoi interlocutori.
Così, il governatore Ricardo Rossello cede alle pressioni della piazza e annuncia la sue dimissioni, effettive dal 2 agosto. A prendere il suo posto ad interim, in attesa delle elezioni, sarà il segretario alla Giustizia del Territorio statunitense, Wanda Vazquez. Nei giorni scorsi, Rossello s’era già impegnato a non candidarsi per un nuovo mandato e a lasciare la guida del suo partito.
Grande un po’ più della Corsica e con quasi quattro milioni di abitanti, l’arcipelago di Porto Rico potrebbe presto diventare il 51o Stato dell’Unione: un referendum lo decise nel 2012.
Rossello riconosce che le manifestazioni susseguitesi negli ultimi giorni, con centinaia di migliaia di persone a chiedere le sue dimissioni, e le procedure di impeachment delineatesi gli impediscono d’andare avanti. Le proteste erano state innescate dalla diffusione di conversazioni del governatore con suoi alleati contenute in una chat criptata: insulti alle donne, agli avversari e agli elettori, comprese le quasi 3000 vittime dell’uragano Maria che ha devastato l’arcipelago nell’ottobre 2017.
Fra le centinaia di migliaia di persone mobilitatesi per ottenere le dimissioni del governatore, anche portoricani celebri come il rapper Daddy Yankee, o il cantante Ricky Martin.
All’inizio della settimana, due navi da crociera avevano cancellato la loro sosta a San Juan, facendo temere disastrose conseguenze delle proteste sull’economia locale, largamente basata sul turismo. Si stima che il mancato sbarco dei 15 mila passeggeri delle due navi sia costato ai portoricani 2,5 miliardi di dollari di mancati introiti.
Trump non ha mai difeso Rossello, anzi ne aveva più volte criticato la gestione degli aiuti federali dopo l’uragano Maria, 92 miliardi di dollari, in gran parte “sperperati e sprecati”. Per il presidente, il governatore è parte di “una leadership corrotta che ha rapinato l’Amministrazione statunitense”.