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Italia: politica estera, i piedi in due e forse tre scarpe

Scritto per La Voce e il Tempo uscita il 18/07/2019 in data 21/07/2019

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Tenere il piede in due scarpe. E, magari, in tre. E’ una tentazione italiana: barcamenarsi, tra Usa e Russia (e pure l’Ue). Ma a camminare sul filo si rischia sempre di cadere. Più che essere divenuta terreno di scontro tra Donald Trump e Vladimir Putin, che di sicuro non si svegliano la mattina tormentati dal rovello di che cosa fanno Giuseppe Conte, o Matteo Salvini, l’Italia dello strano duo M5S/Lega vorrebbe essere amica, ma non suddita, degli Stati Uniti e della Russia e stare dentro l’Unione europea senza subirne i vincoli: per continuare con il linguaggio della saggezza popolare, la botte piena e la moglie ubriaca.

In questi giorni, il gioco pare non riuscire. I giornali di mercoledì 17 luglio titolavano “Tra Italia e Russia, spunta il terzo uomo”, collocandoci nel clima torbido della Vienna del Dopo Guerra, covo di spie nel film di Orson Welles. Che cosa sia successo e che cosa stia succedendo non è chiaro: io avrei capito che la coalizione al governo, ma soprattutto una sua componente, la Lega, abbia virato, dopo la recente missione americana del suo leader, il vice-premier e ministro dell’Interno Salvini, da Putin a Trump come principale referente internazionale. E – ma non è certo che ci sia un nesso tra una cosa e l’altra – improvvisamente spuntano su Buzzfeed, sito che pesca contenuti in Internet, documenti che inducono a supporre canali di finanziamento da Mosca alla Lega.

Sottraiamoci alla cronaca dell’inchiesta giudiziaria derivatane e dei contraccolpi politici, ché, ora per ora, le informazioni si succedono e non possiamo starvi al passo. Ma poniamoci interrogativi sulla politica estera italiana. se si possa essere al contempo alleati degli Stati Uniti, anzi di Trump, che è una cosa diversa, addirittura i migliori alleati, l’avamposto europeo, insieme all’Ungheria, della visione ‘trumpiana’ di un’assenza di governance mondiale, e amici della Russia di Putin, fautrice di un ‘nuovo ordine’ che non è molto diverso dal ‘tradizionale disordine’. Le due visioni hanno in comune la freddezza verso il multilateralismo e l’inclinazione al bilateralismo: un modo per fare vigere la legge del più forte.

Il tassello europeo
Le vicende europee degli ultimi giorni aggiungono un tassello importante a questo mosaico: disunita nell’Unione europea, l’Italia fa della propria anomalia – è l’unico Paese dell’Ue le cui forze di governo non di riconoscono in nessuna delle maggiori famiglie politiche europee – un elemento di ulteriore debolezza. Accade al momento dell’investitura, un po’ risicata, di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione europea da parte del Parlamento europeo.

L’inviato dell’ANSA a Strasburgo Michele Esposito osservava martedì 16 luglio: “Il M5S, grande sconfitto delle Europee, determinante per l’elezione di Ursula von der Leyen. La Lega trionfatrice del 26 maggio ferma sul no e condannata ad una partita difficilissima sul commissario. E’ tutta qui la clamorosa spaccatura del governo e della maggioranza nel giorno in cui il Parlamento europeo incorona la prima donna presidente della Commissione europea. Una spaccatura destinata a fare traballare l’alleanza di governo e che vede Luigi Di Maio allineato con il premier Giuseppe Conte, che definisce non a caso l’elezione della von der Leyen ‘un inizio incoraggiante’ per l’Europa”.

Su AffarInternazionali.it, Riccardo Perissich, grande conoscitore delle dinamiche comunitarie, già capo di gabinetto di Altiero Spinelli commissario europeo (1970/’73) e poi direttore generale dell’Industria nell’Esecutivo comunitario, sintetizza il comportamento degli italiani a Strasburgo: “Il Pd ha votato a favore, come era prevedibile e consigliabile. A Matteo Salvini non è invece riuscito il gioco dei sovranisti polacchi e ungheresi. Forse non ne è stato capace, forse è prigioniero dell’alleanza con Marine Le Pen, forse è indebolito da ‘russopoli’. E ciò ha aperto la strada a un voto a favore del M5S, che s’è così fatto portavoce della tattica d’avvicinamento alle istituzioni inaugurata da Giuseppe Conte e da Giovanni Tra al momento del negoziato sulla procedura d’infrazione. Cosa tutto ciò voglia dire per il futuro, che si tratti del ruolo del prossimo commissario italiano o dell’atteggiamento verso l’Italia di una Commissione a guida tedesca resta da vedere”…

(di qui in avanti, l’articolo procede con stralci di https://www.affarinternazionali.it/2018/11/italia-russia-governo-conte/ e https://www.affarinternazionali.it/2019/05/politica-estera-italiani-timori-speranze/)

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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