Due sorprese ieri a Bruxelles, dove si riuniva l’Eurogruppo, cioè i ministri dell’Economia dei Paesi dell’eurozona – oggi, ci sarà l’Ecofin, cioè i ministri dell’Economia dei 28 -. La prima, che l’Italia non è stata l’assoluta protagonista, anche se d’Italia molto s’è parlato, perché negli scambi di pareri a margine della plenaria teneva banco il cambio di leadership in Grecia: le elezioni di domenica riportano al potere una vecchia conoscenza dei consessi europei, Nea Demokratia, un partito che, nel Parlamento europeo, sta nel gruppo del Partito popolare europeo – quello, tanto per intenderci, della Merkel e di Berlusconi -. Ha buone credenziali europee, pessime per le sue ultime esperienze governative.
La seconda è che ministri ed eurocrati non potevano fare a meno d’interrogarsi se, per la Grecia e per l’Ue, il cambio della guardia ad Atene sia un buon affare o meno. Alexis Tsipras e il suo Syriza sono stati per l’Ue interlocutori tosti, ma affidabili, specie dopo esserci liberati del magnetico e mediatico, ma anti-euro ed anti-Ue, ministro delle Finanze dei loro esordi, Nikos Varoufakis. Tsipras e il suo partito hanno condotto la Grecia fuori dalla crisi, hanno accettato misure dolorose, hanno rispettato gli impegni presi. Questi che arrivano adesso, anzi che tornano, sono invece quelli che portarono la Grecia nel baratro, falsificando i conti e illudendo i loro partner e – quel che è peggio – i loro cittadini.
L’occasione per porsi la domanda è stato l’esame della terza relazione sulla sorveglianza rafforzata, cui la Grecia è soggetta, dopo essere uscita, un anno fa, dalla tutela europea (e dopo avere incassato scuse europee e di Christine Lagarde, a nome dell’Fmi, perché la cura è stata eccessiva). L’esame della relazione, con scadenza trimestrale, non comporta decisioni su misure per contenere il debito: la sorveglianza rafforzata monitora la situazione economica, finanziaria e di bilancio della Grecia e verifica l’attuazione degli impegni strategici post-tutela in un Paese che ha realizzato un programma d’aggiustamento economico pesante.
Ora, Kyriakos Mitsotakis, il vincitore delle elezioni, figlio dell’ex premier Konstantinos, aassicura che la Grecia “rialzerà di nuovo la testa con orgoglio”: il neo-premier, 51 anni, è forte d’un mandato popolare netto e chiaro – ha avuto quasi il 40% dei suffragi contro poco più del 31% a Syriza – e dice di volerlo spendere “per il cambiamento”, che però assomiglia a un ritorno al passato.
In tempi brevissimi, il neo-premier ha ricevuto l’incarico dal presidente Prokopis Pavlopoulos, ha giurato e s’è insediato. Gli sono giunti messaggi dei leader delle Istituzioni europee – il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker parla di “futuro luminoso” – e di molti Paesi Ue. Un’apertura di credito gli viene da Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del Consiglio direttivo Bce: “Nea Demokratia è cambiata, è pronta alle riforme”. Cauti, invece, le borse e i mercati.
La lista dei ministri, già comunicata, vede all’Economia – dicastero chiave – Christos Staikouras, agli Esteri Milos Dendias, alla Difesa Nikos Panagiotopoulos, all’Interno Eleftherios Economou, allo sviluppo Adonis Georgiadis. Presidente del Parlamento sarà Konstantinos Tassoulas. Non è ancora chiaro se Staikouras, 45 anni, parteciperà, oggi, all’Ecofin, di cui conosce i meccanismi: fu, infatti, ministro delle Finanze dal 2012 al 2015 e partecipò a molte tese e drammatiche riunioni europee sulla Grecia. Da allora, è stato il ministro ombra di Nea Demokratia, all’opposizione.
Dopo l’Eurogruppo, il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici s’è detto “impaziente” di lavorare con Staikouras. “La Commissione – ha aggiunto – resta al fianco dei greci, nei loro sforzi per stabilizzare l’economia e creare occupazione, soprattutto per i giovani”.