Vanno di nuovo di moda i luoghi di lavoro, per le sparatorie negli Stati Uniti: una location scontata, che, però, negli ultimi tempi, aveva ceduto il passo alle scuole o ai luoghi d’intrattenimento, quasi che gli americani si caricassero di rabbia più al liceo o in una discoteca che in ufficio. Quando ci sono di mezzo luoghi di culto, invece, la matrice è sovente terroristica. L’ultimo set della carneficina continua è un edificio municipale di Virginia Beach, grosso centro turistico-balneare sull’Atlantico, forse quanto l’America ha di più simile a Rimini, considerato che lì il mare è un oceano e che gli uragani possono arrivare fino a queste latitudini, 200 km circa a Sud di Washington.
Il bilancio, come sempre in questi casi, può ancora aggravarsi: 13 le vittime accertate – 11 erano dipendenti del Comune, colleghi dello sparatore; quattro le donne -, mezza dozzina i feriti. Nell’azione, l’assalitore è stato abbattuto in un conflitto a fuoco con la polizia prontamente intervenuta – ferito un agente, protetto dal giubbotto anti-proiettile -.
Lo sparatore è DeWayne Craddock, 40 anni, che lavorava nel dipartimento dei servizi pubblici e che negli ultimi anni era stato il punto di contatto per le informazioni sui progetti stradali. Ancora ignoto il movente: “Abbiamo più domande che risposte”, dice il capo della polizia, James Cervera: gli inquirenti scavano nel passato di Craddock per ricostruirne la personalità e gira voce che avesse motivi di risentimento in ufficio.
L’America assorbe la notizia più assuefatta che sconcertata. Il magnate presidente Donald Trump se la cava con telefonate di cordoglio alle autorità locali e un tweet senza pathos: “Il governo federale è lì e ci sarà per qualsiasi cosa quella grande comunità abbia bisogno. Dio benedica le famiglie e tutti!”.
Un anno fa, dopo la strage a metà febbraio nel liceo di Parkland in Florida – 17 vittime, un ragazzo il killer -, c’era stata una scossa. Organizzata dagli studenti, la ‘March for our Lives’, cioè la Marcia per le nostre vite, si svolse il 24 marzo a Washington e in altre 800 località degli Usa e del Mondo: due milioni di persone in marcia, la seconda maggiore protesta d’ogni tempo nella storia americana, dopo la Marcia delle Donne su Washington il 21 gennaio 2017, dopo l’insediamento di Trump.
Sembrò fosse la scossa per vincere l’apatia dell’America sul tema delle armi, il presidente proibiva le vendita dei congegni che trasformano armi ordinarie in armi automatiche. Ma, poi, erano arrivate le vacanze; i ragazzi del liceo sono andati al college, all’università; e quest’anno ci sono state meno stragi a scuola e più stragi sui luoghi di lavoro. Trump non perde una convention della Nra, la lobby delle armi, fortissima in un Paese di 330 milioni di abitanti dove circolano ad uso privato oltre 400 milioni di armi. Fabio Bartoli da Washington parla di “fossilizzazione delle coscienze”, su cui quelli della Nra campano.
A Virginia Beach, Craddock è entrato in azione a metà pomeriggio di venerdì 31, verso la fine dell’orario di lavoro. Entrato nell’edificio numero 2 di un complesso municipale che ne comprende 25, ha aperto il fuoco “indiscriminatamente”, su più piani. Quando si sono sentiti i primi spari, c’è chi s’è chiuso in stanza e chi ha cercato di nascondersi: “Ho chiamato il numero di emergenza”, racconta Megan Banton, che lavora nel palazzo attaccato e che si è barricata dietro una porta.
E’ arrivata la polizia, con le ambulanze e i mezzi dei vigili del fuoco; e l’Fbi, come in un telefilm. La zona è stata isolata, mentre quattro agenti ingaggiavano un conflitto a fuoco con l’assalitore, che sarebbe stato armato di una pistola semi-automatica e di un fucile, entrambi legalmente acquistati.
Si cerca ora di capire il movente della strage di Virginia Beach. Gli investigatori scavano nel passato di Craddock, raccolgono testimonianze, scandagliano i social: il testo non pare fosse stato annunciato.