#primalitalia, #continuareXcambiare, #votaitaliano, #avantitutti: questa la social propaganda europea dei leader più popolari in Italia. Nell’era di Instagram e Facebook vince chi ha più followers. Ma la gara del like ha davvero sostituito il dibattito in piazza? Sembra di sì, anche se con qualche riserva.
Secondo una tabella elaborata dall’Espresso, che classifica i primi 15 politici italiani per potenza social, Matteo Salvini è in testa con 3.555.659 fan su Facebook. Seguono Luigi Di Maio con i suoi 2.194.414 e Giorgia Meloni con 1.058.401, mentre il leader del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, si piazza solamente al tredicesimo posto raggiungendo i 260.167 fan.
Confrontando i dati social con le proiezioni del voto europeo del 26 Maggio pubblicate da Repubblica (Demos) e dal Corriere (Ipsos), che confermano le tendenze della super-media di Youtrend, la Lega si collocherebbe al primo posto con il 31,5%, il M5S al secondo con il 22,7% seguito dal Pd al 21,1%; nettamente più lontano Fratelli d’Italia al 5,2%.
La Lega di Salvini domina entrambe le classifiche mentre il M5S, pur confermando la propria posizione, sembra avere più risonanza sui social che in politica. In controtendenza il Pd, che bilancia una scadente comunicazione social con un maggior consenso politico. Singolare il caso di Giorgia Meloni: il diametro delle zucchine e l’italianità di Leonardo Da Vinci riscuotono più like che voti.
Nel linguaggio e nei contenuti della propaganda web ritorna costantemente l’attacco all’avversario, modus operandi che lascia poco spazio all’approfondimento dei rispettivi piani politici. Questo leitmotiv ha da sempre contraddistinto la comunicazione di Lega e M5S e il successo riscosso ha spinto il Partito democratico ad adottare la stessa linea in questa campagna europea.
L’invettiva arriva dritta alla pancia di un elettorato deluso e arrabbiato, che privilegia l’emotività a scapito dell’elemento razionale. Tralasciando sofisticate trovate pubblicitarie come la discussa seconda edizione del “Vinci Salvini”, gli slogan per le elezioni europee del 26 maggio incarnano l’appiattimento del linguaggio politico, sempre più rivolto alla massa e meno ad un pubblico targettizzato. La volontà di raggiungere un elettorato sempre più ampio si traduce nella produzione seriale di post su Facebook: in vetta alla classifica troviamo ancora la Lega con ben 75 post giornalieri. La logica dietro a questo meccanismo è solo una: più post si fanno, più gente si raggiunge.
La conseguenza di una propaganda 2.0, condotta quasi esclusivamente sui social a colpi di like, reaction e dirette, sacrifica uno degli elementi fondanti della democrazia: il dialogo. Questa comunicazione a senso unico, intrinseca alla logica del web, fa unicamente appello alla reaction del momento eliminando qualsiasi possibilità di confronto.
In attesa di scoprire se l’acuirsi di questo modo di fare e recepire la politica andrà a snaturare il concetto stesso di democrazia, ci accontentiamo di verificare quanto i risultati delle imminenti elezioni europee ne saranno condizionati.
Il Punto
Lucrezia Candelori, Rachele Carosi, Marianna Fangio, Tatiana Morellini, Giordano Ranucci