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L’Intervista – Manuel Anselmi, l’Europa tra sovranismi e populismi

Scritto per Il Settimanale 2019 n. 1 dello 02/05/2019

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Manuel Anselmi è ricercatore in Sociologia dei fenomeni politici presso la Unitelma Sapienza, Affiliate Researcher al King’s College di Londra e membro del Centre for Conflict and Participation Studies della Luiss di Roma. Ha collaborato con Il Fatto Quotidiano e AffarInternazionaliSi occupa prevalentemente di teoria dei populismi e populismi latinoamericani.

D – In Europa i partiti sovranisti stanno vivendo un periodo d’oro. Quanto populismo c’è nella loro ideologia?, è  anche grazie al populismo che le previsioni elettorali sono loro favorevoli?
Anselmi – È molto importante innanzitutto chiarire cosa si intende per sovranismo e cosa per populismo. Usando un’espressione matematica, potremmo dire che il sovranismo è un sottoinsieme contenuto nell’ampio insieme del populismo.

Il sovranismo è un populismo protettivo che rivendica la sovranità nazionale come elemento di difesa da politiche ed economie esterne alla nazione, percepite come minacciose e lesive. Del populismo, possiamo dire che è una modalità del consenso politico basata su un rapporto diretto, forte ed emozionale tra vertice politico e base popolare. Questa modalità di produzione del consenso sta diventando una caratteristica costante delle democrazie europee e mondiali  e, infatti,  è ormai difficile trovare un partito che non abbia degli elementi populistici.

Tornando alla sua domanda, queste elezioni saranno decisive per l’Europa perché per la prima volta le forze populiste di differenti Paesi – pensiamo a Orban in Ungheria, a Salvini in Italia, alla Le Pen in Francia, ad AfD in Germania – hanno una chance per pesare nel Parlamento europeo con una chiara finalità anti-europea.

D – Lei ha studiato a fondo i fenomeni di polarizzazione e disintermediazione sociale legati al populismo. Ne trova tracce in questa propagandistica campagna elettorale per le europee?
La diffusione del populismo è sicuramente dovuta a un cambiamento delle strutture profonde delle nostre democrazie, di cui la disintermediazione è forse il tratto più specifico. Per disintermediazione si intende la perdita di valore dei corpi intermedi sia sociali sia comunicativi nella relazione tra governanti e governati. Si pensi, per esempio, all’indebolimento dei partiti e dei sindacati, un tempo così decisivi nel mediare tra politici e popolo.

Con la disintermediazione si rafforza, si verticalizza il legame diretto tra popolo e leader e ciò avviene spesso attraverso una comunicazione che è più emotiva che ragionata, più basata sull’identificazione che sull’argomentazione.

In questa campagna elettorale, come già nelle ultime del resto, sarà più importante la foto di un leader mentre mangia la Nutella che il programma sullo sviluppo dell’Europa.

D – Data la definizione di populismo, è possibile indicare i partiti europei più intrisi di populismo? Qualora ottenessero seggi al Parlamento europeo, che effetti produrrebbero sulla democrazia dell’Unione europea?
Anselmi – Che Europa abbiano in mente i populisti è in effetti la cosa più difficile da capire. Sappiamo cosa non è andato bene per loro dell’Europa fino ad oggi: austerity, élite, perdita di sovranità dei singoli Paesi, politica economica. Otterranno molti seggi nell’Assemblea di Strasburgo. E mi riferisco soprattutto a quei partiti populisti di destra che ho prima elencato.

Il Rovescio della Medaglia
Veronica Cirigliano, Giulia Orlandelli, Marta Teresa Pelle, Rossella Pennisi, Filomena Rinaldi

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gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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