Col senso dello spettacolo che lo caratterizza, Donald Trump firma l’atto che vincola gli Stati Uniti a ritirarsi dal trattato sul commercio delle armi, l’Att, davanti alla convention annuale della National Rifle Association, la Nra, la lobby delle armi: ora, il presidente chiederà al Senato di bloccare il processo di ratifica.
L’Att, entrato in vigore nel 2014 e già ratificato da 101 Stati, regola il commercio internazionale delle armi convenzionali. Dal punto di vista del disarmo, questa decisione di Trump è meno grave del ritiro degli Usa del trattato sugli euromissili o dall’accordo con l’Iran sul nucleare, ma suscita comunque timori e interrogativi. Il commercio internazionale delle armi convenzionali è stimato circa 70 miliardi di dollari l’anno, secondo fonti dell’Onu.
Entusiasta, ovviamente, la reazione del pubblico della Nra. Trump, più candidato che presidente, blandisce l’audience di Indianapolis: “Il secondo emendamento della Costituzione non si tocca”, assicura, riferendosi al diritto di possedere armi da fuoco. E aggiunge: “Quando le armi sono fuori legge, solo i fuorilegge hanno le armi”, accusando i radicali di volere levare le armi agli americani. “Vi vogliono togliere la vostra voce, i vostri diritti”, come se la democrazia facesse ‘bum bum’.
Trump accompagna l’abbandono del trattato con il rilancio della proposta alla Russia di negoziare un nuovo accordo per il controllo delle armi nucleari. Il Cremlino non si mostra contrario, ma precisa che l’idea “non può ancora essere considerata una iniziativa seria, perché priva al momento di ogni dettaglio”: parole del portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov, che è a Pechino, dove c’è il forum sulla nuova Via della Seta, la Belt and Road Initiative.
L’Att, Arms Trade Treaty, rappresenta un tentativo di regolamentare il commercio internazionale delle armi convenzionali: l’obiettivo è di contribuire alla pace, di ridurre le sofferenze dell’umanità e di promuovere la cooperazione, la trasparenza e i comportamenti responsabili fra gli Stati e dentro gli Stati. Fra i 101 Paesi che l’hanno ratificato, c’è l’Italia con tutti quelli dell’Ue; e ce ne sono decine, fra cui appunto gli Stati Uniti, ma anche Israele, che l’hanno firmato, ma non ratificato.
I negoziati dell’Att si svolsero a New York e a Ginevra tra il 2012 e il 2013, in una conferenza globale sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il 2 aprile 2013, il Trattato fu approvato dall’Assemblea generale dell’Onu. La Cina e la Russia, ma anche l’India, l’Indonesia e altri Paesi asiatici e i Paesi arabi s’astennero, Corea del Nord e Iran votarono contro.
La partecipazione alla convention della Nra è stata un’occasione per il presidente candidato di fare un bagno di folla fra i suoi sostenitori, di esaltare i dati dell’economia cresciuta nel primo trimestre 2019 del 3,2%, più del previsto, e di tornare sull’esito dell’inchiesta sul Russiagate: “Hanno tentato di fare un colpo di Stato, ma non ci sono riusciti. Dunque, non ho bisogno di una pistola”, ha detto, facendo ridere il suo pubblico.
C’è da scommettere che Trump tornerà a parlare alla Nra l’anno prossimo, a sei mesi più o meno dall’Election Day del 3 Novembre. Ma, stavolta, è stato lui a dare una mano all’Associazione, invece del contrario. L’Nra è nelle peste: i capi sono l’un contro l’altro armati – è il caso di dirlo -, l’amministratore delegato Wayne LaPierre è ai ferri corti col presidente Oliver North, il colonnello dello scandalo Iran-Contra degli Anni Ottanta. E restano strascichi delle rivelazioni, scaturite proprio dal Russiagate, secondo cui agenti russi usarono loro contatti nella Nra, infiltrata dalla spia Maria Butina, per influenzare le elezioni. C’è pure chi non è contento che l’Associazione faccia smaccatamente politica.
La convention di Indianapolis e le sortite di Trump coincidono con l’allarme lanciato dal capo dell’Fbi Christopher Wray: Mosca si prepara a interferire sul voto del 2020 come fece nel 2016. Marco Rubio, senatore della Florida, repubblicano, ha appena denunciato che hacker russi violarono il sistema elettorale nel suo Stato, dove Trump batté Hillary Clinton con appena l’1,2% di margine. Robert Mueller, il procuratore speciale del Russiagate, parla nel suo rapporto di software utilizzati per il voto in Florida e manomessi da hacker russi.