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Usa: Chicago, vento della storia sull’America suprematista

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Il vento della storia soffia da Chicago sull’America suprematista di Donald Trump: la città che fu degli Intoccabili e della strage di San Valentino, di Al Capone e del proibizionismo, è, di nuovo, dieci anni dopo la notte magica del novembre 2008, con l’elezione di Barack Obama, primo nero alla Casa Bianca, la punta di diamante dei superamenti dei tabù di genere e di colore nell’Unione: sceglie il suo primo sindaco donna, afro-americana e apertamente gay, Lori Lightfood, un primato fra le grandi città degli Stati Uniti.

La metropoli dell’Illinois, terza per dimensioni nell’Unione dopo New York e Los Angeles, vanta ottimi precedenti in tal senso: prima del 2008 nel 1992 aveva eletto al Senato la prima donna nera, Carol Moseley Braun; e, nel 1983, aveva avuto il primo sindaco nero, Harold Washington. La lista dei sindaci gay dichiarati d’America è piuttosto breve: il più in vista è Pete Buttigieg, South Bend, Indiana, ora candidato alla nomination democratica alla Casa Bianca.

In una corsa tutta femminile e tutta democratica, la Lightfoot ha sconfitto Toni Preckwinkle – le due erano arrivate al ballottaggio in una muta di una dozzina di candidati – e darà il cambio nell’ufficio di sindaco a Rahm Emanuel, per due anni braccio destro di Obama alla Casa Bianca. Avvocato per formazione, ma politico per vocazione, la Lightfood è stata responsabile della polizia di Chicago e, nel 2016, denunciò pecche e lacune degli agenti comunali.

La carica di sindaco a Chicago non è una sinecura: la neo-eletta eredita una città schiacciata sotto un debito pensionistico di 28 miliardi dollari, con una popolazione in calo e un tasso di omicidi superiore a quelli di New York e Los Angeles.

Nonostante sia coinvolta nell’Amministrazione cittadina dal 2002, la Lightfood, 57 anni, è riuscita ad apparire agli elettori come un volto nuovo, la donna giusta per sfidare la corruzione della ‘città del vento’ e dare una scossa alla politica, che da tempo trascura bassi redditi e classe lavoratrice. Eppure, qui sperimentò le sue tesi sulle comunità Saul Alinsky, mentore di Obama e corrispondente di Jacques Maritain.

La neo-sindaca non ha fatto campagna di genere, o di colore e neppure sui diritti civili: la sua figura era di per sé qualificata in tal senso. La Lightfoot ha puntato sulle competenze e sull’impegno ‘rivoluzionario’ a rompere con il passato e a lottare contro la corruzione. Messaggi che la pongono in rotta di collisione con il suo predecessore e con il suo partito.

Sostenuta dai maggiori media locali, fra cui il Chicago Tribune, la Lightfoot è sempre stata in testa alla corsa: s’è imposta con il 73% dei suffragi e in ogni quartiere. E’ sposata con Amy Eshleman e, insieme, hanno adottato una bambina di 11 anni, Vivian.

Per un giorno, l’attenzione della politica statunitense s’è spostata su Chicago da Washington, dove, però, i democratici conducono azioni di disturbo concentriche contro l’Amministrazione Trump: una per ottenere la pubblicazione del rapporto sul Russiagate, depositato dieci giorni or sono e ancora inaccessibile, e l’altra sulla concessione dei nulla osta di sicurezza a familiari del presidente senza i requisiti.

Trump, per ora, se la ride. E si fa gioco di Joe Biden, l’ex presidente accusato di gratuite affettuosità da due donne: “Sono fan di Bernie Sanders”, il senatore che con Biden è il battistrada nella corsa alla nomination. Per una volta, il magnate rischia d’avere ragione.

gp
gphttps://www.giampierogramaglia.eu
Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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