Non so se sia ancora così. Ma generazioni di bambini italiani hanno appreso dell’esistenza di Urbino mandando a memoria i versi de L’Aquilone di Giovanni Pascoli: una muta di orfanelli tristi, in libera uscita dal Convitto degli Scolopi – c’era stata prima la cavallina storna -, che “in una mattina che non c’è scuola” escono a fare volare gli aquiloni. “Or siam fermi. Abbiamo in faccia Urbino ventoso – sì, così, al maschile, ndr -: ognuno manda da una balza la sua cometa per il ciel turchino”.
Il vento a Urbino c’è sempre, come in quella poesia di inizio Novecento che sublimava ricordi del 1870 o poco dopo. Ma il clima non è più lo stesso, come testimoniano con ricchezza di particolari i dati pubblicati su questo numero de Il Ducato, che torna a essere diffuso in città dopo due numeri di rodaggio sono online per la nuova redazione.
Chiara Ugolini documenta le difficoltà, in particolare, dell’agricoltura ad adeguarsi ai cambiamenti: aumento delle temperature, periodi di siccità, improvvisi e violenti fenomeni ‘tropicali’ sono costati all’agricoltura marchigiana un terzo della produzione del 2018. La primavera si allunga e- come scrive Niccolò Severini – è ormai diventata una stagione più lunga delle altre: meglio così, che gli inverni sono rigorosi ed estenuanti, penseremo in molti. Ma la natura ha i suoi ritmi e non ‘fa salti’.
Certo, la primavera è la stagione del vento e, quindi, degli aquiloni. Ma, ancora, bisogna avere voglia di farli volare “per il ciel turchino”. E il clima, di questi tempi, non è sempre quello giusto. Ma, qui, la meteorologia non c’entra.