Il modo dei vietnamiti, specie dei giovani, di mostrarsi coinvolti dalla presenza ad Hanoi di due ospiti insoliti ed eccezionali è stato di andare a tagliarsi i capelli come loro: più facile ‘alla Kim’, più improbabile ‘alla Trump’ con quella bazza pel di carota quasi irriproducibile. Difficile predire se il secondo Vertice fra il presidente degli Stati Uniti e il leader della Corea del Nord lascerà tracce più durature di quelle acconciature.
250 giorni dopo l’incontro storico fra Donald Trump e Kim Jong-un a Singapore, l’11 giugno 2018, il primo mai avvenuto tra capi di Stato statunitense e nord-coreano, poco è cambiato: Pyongyang resta una minaccia nucleare, come ha ammesso il segretario di Stato americano Mike Pompeo, intervistato dalla Cnn a ridosso del vertice di Hanoi.
Dopo l’incontro a Singapore, il regime nord-coreano non ha rinunciato al proprio arsenale atomico e missilistico, non ha allentato la morsa sul proprio popolo, non ha preso a rispettarne i diritti umani e non ne ha neppure migliorato le condizioni di vita. Né gli Stati Uniti o la comunità internazionale hanno allentato le sanzioni contro la Corea del Nord. Secondo il Programma alimentare mondiale dell’Onu, nel 2017 c’erano 10,3 milioni di nord-coreani, quasi la metà della popolazione, denutriti; e oggi la situazione resta analogamente difficile.
Pochi i passi in avanti concreti. Trump ha rinunciato a esercitazioni militari congiunte con la Corea del Sud; Kim ha parzialmente distrutto un sito nucleare, già danneggiato da un’esplosione. Bisogna fare di più, nei prossimi 250 giorni, o meno, perché il Vertice di Hanoi non venga derubricato, al di là delle dichiarazioni conclusive, ad occasione mancata.
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