Dalla Russia, con un tweet: a Mosca, c’è chi sa molto più di quanto dovrebbe sul Russiagate, cioè l’inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller sui contatti tra la campagna presidenziale 2016 di Donald Trump ed emissari del Cremlino. Secondo la Cnn, che cita documenti del Dipartimento della Giustizia, un account Twitter russo o filorusso ha utilizzato informazioni riservate provenienti dal team di Mueller per gettare discredito sulle indagini del Russiagate. Le informazioni, diffuse dall’account twitter, che non erano pubbliche, riguardano, in particolare, il coinvolgimento nell’indagine di un social media russo accusato di portare avanti una campagna di disinformazione.
La Cnn intende scoprire chi stia dietro l’account @HackingRedstone, i cui gestori si definiscono “hackers anonimi come ve ne sono centinaia”, ma “gli unici a essere riusciti ad arrivare al database del procuratore speciale”, con il solo obiettivo di “condividere tutte le informazioni” carpite, così che ciascun follower “possa raccontare al Mondo la verità”.
Che quella di @Hacking Restone sia proprio la verità, non ci giura nessuno. Ma ora che l’inchiesta di Mueller è prossima alla conclusione, per ammissione del segretario alla Giustizia ad interim Matthew Whittaker, l’attenzione dei media torna ad accentuarsi; e i tentativi di discreditare il lavoro del procuratore rischiano di moltiplicarsi. C’è molta gente, a Washington e pure al Cremlino, interessata a che tutto si riduca a a una bolla si sapone
Trump, cui in passato era stata spesso attribuita l’intenzione di licenziare anti-tempo Mueller, assicura che lascerà al Dipartimento della Giustizia decidere come gestire il rapporto finale dell’inchiesta sul Russiagate, in particolare se rendere pubblico il documento o meno.
Secondo indiscrezioni del New York Times, che avrebbe avuto accesso a documenti riservati, durante la campagna elettorale e il periodo di transizione, cioè fino all’insediamento alla Casa Bianca il 20 gennaio 2017, Trump e ben 17 suoi consiglieri e collaboratori ebbero contatti con intermediari russi e con Wikileaks – l’organizzazione di Julian Assange è sospettata di avere offerto una sponda alla disinformazione russa.
Tra i cento contatti di Trump e del suo staff con intermediari russi e Wikileaks ci sarebbero incontri di persona, telefonate, sms via cellulare, email e messaggi privati attraverso Twitter. Trump e i suoi hanno sempre negato contatti con i russi durante la campagna. I documenti pubblicati dal New York Times, con date e nomi, si basano su testi già in possesso del Congresso: le persone finite nei guai sono 34, con arresti, rinvii a giudizio, condanne di uomini molto vicini al magnate presidente.
L’ultimo è l’amico e ‘consiliori’ Roger Stone, che si dichiara innocente dalle accuse di aver mentito al Congresso, manipolato testimoni e ostacolato la giustizia nelle indagini sul Russiagate; e che, soprattutto, contrariamente ad altri, non intende collaborare con gli inquirenti.
Trump, tra il 16 giugno 2016 e il 18 luglio 2017, avrebbe avuto sei contatti diretti con intermediari russi o legati a Wikileaks. Aras Agalarov, miliardario russo che gestì un evento di miss Universo a Mosca, e il figlio, Emin avrebbero visto il candidato e il presidente in più occasioni. La prima volta , poco dopo l’ufficializzazione della candidatura del magnate alla Casa Bianca. Agalarov lo invitò a una festa, prospettandogli la possibilità d’incontrarvi il presidente russo Vladimir Putin – cosa che non avvenne -. Poche settimane dopo, Trump firmava una lettera d’intenti per costruire una Trump Tower a Mosca.
In queste ore, però, Trump è più impegnato a polemizzare coi capi della sua intelligence che a stare dietro agli sviluppi del Russiagate – la sua tesi è che sia tutta una ‘caccia alle streghe’: lui e i suoi sodali non hanno fatto nulla di male -. In un rapporto al Senato, gli 007 individuano i nemici dell’America nei russi e nei cinesi, accusandoli soprattutto di attacchi cyber, nella Corea del Nord e nell’Isis; e minimizzano la minaccia dell’Iran, quella più enfatizzata dalla Casa Bianca. Il presidente contesta l’analisi, ma i tweet dall’account @HackingRedstone ne suonano conferma.