Precipita la situazione in Venezuela, dove, dopo una notte di violenze e uccisioni, il leader dell’opposizione Juan Guaidò s’è autoproclamato presidente, prestando giuramento davanti a una folla di sostenitori a Caracas e invitando i militari “a ristabilire la Costituzione”.
Da Washington, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump getta benzina sul fuoco, riconoscendo Guaido presidente e lanciando un appello a tutte le capitali occidentali perché seguano il suo esempio e disconoscano il governo di Nicolas Maduro, presidente legittimo, appena insediatosi per un secondo mandato.
Acclamato da migliaia di oppositori del regime, Guaidò ha levato la mano destra affermando “d’assumere formalmente la responsabilità dell’Esecutivo”. Guaidò intende “ottenere la fine dell’usurpazione, un governo di transizione e libere elezioni”. Dopo il suo giuramento, ha sollecitato tutti i manifestanti a giurare d’impegnarsi “a ristabilire la Costituzione in Venezuela”.
Il gesto di Guaido, in una giornata di estrema tensione, fa piombare il Paese in una crisi istituzionale – con il rischio di scontri e violenze dal bilancio drammatico –. Il conflitto è aperto la l’Esecutivo di Maduro e il Parlamento. Guaidò, inoltre, ignora il parere della Corte Suprema, contraria all’autoproclamazione.
Da Washington, in un rimbalzo di voci che pare proprio orchestrato, e che era pure stato anticipato, Trump afferma: “Il popolo del Venezuela ha coraggiosamente fatto sentire la propria voce contro Nicolas Maduro e il suo regime e ha chiesto libertà e rispetto della legge”. Il presidente Usa ritiene Guaido presidente legittimo perché, “nel suo ruolo di presidente dell’Assemblea nazionale è l’unico ad essere stato legittimamente eletto” – il voto presidenziale è contestato -. Il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani, l’Osa, Luis Almagro, s’è subito accodato a Trump, riconoscendo con un tweet Guaido ed esprimendogli sostegno e incoraggiamento.
Ancora prima dell’autoproclamazione di Guaidò, che è certamente destinata ad alzare il livello dello scontro, si moriva in strada in Venezuela, dove le manifestazioni di protesta contro Maduro stavano raggiungendo il loro acme: nella notte tra lunedì e martedì, le vittime sono stati almeno cinque, secondo fonti della Giustizia venezuelana; e ieri migliaia di persone sono confluite verso Plaza Juan Pablo II, nel comune di Chacao, epicentro della giornata di contestazione.
Quattro persone erano decedute durante saccheggi all’alba nello Stato di Bolívar, a sud di Caracas, mentre la quinta, un adolescente di 16 anni, Alixon Pisani, era stata fulminata da un proiettile a Cata, quartiere di Caracas. La Ong Foro Penal Venezolano conta almeno 43 arresti e “diversi feriti” dall’inizio di settimana, nelle proteste succedutesi in varie località.
Le tensioni e la violenza nel grande Stato sud-americano, tre volte l’Italia, meno di 31 milioni d’abitanti, un’enorme ricchezza petrolifera ed energetica, ma un profondo dissesto sociale ed economico, rischiano ora di degenerare in guerra civile. La protesta di ieri, oltre che a Caracas, s’è fatta sentire in altre città, a Barquisimeto, Maracaibo, Barinas e San Cristobal. Nella capitale, tre contro-manifestazioni pro-Maduro sono confluite verso la centrale Plaza O’Leary, con il profilarsi di frizioni e scontri fra oppositori e ‘lealisti’
Il presidente Maduro, erede della tradizione chavista, ma dotato di meno carisma e di minore presa sulla popolazione del suo predecessore e mentore Hugo Chavez, s’è da poco re-insediato alla guida del Paese per un secondo mandato. Gli Stati Uniti e una dozzina di Paesi latino-americani giudicano illegittima l’elezione di Maduro, maturata in un clima d’intimidazione e di brogli; e, intanto, milioni di venezuelani patiscono le conseguenze di una crisi feroce che ha innescato migrazioni massicce verso il Brasile, la Colombia e l’Ecuador.
Per Trump, Maduro è “un usurpatore”. Ma l’autoproclamazione di Guaido è oggetto di un contrasto tra la Corte suprema e il Parlamento. Proprio ieri, la sezione costituzionale del Tribunale supremo del Venezuela aveva ribadito che le iniziative adottate dall’Assemblea nazionale, controllata dall’opposizione, in contrasto con le prerogative del potere esecutivo presieduto da Maduro, “sono incostituzionali”.
In particolare, il Tribunale sottolinea che l’Assemblea ha “usurpato” le prerogative del presidente della Repubblica per la gestione delle relazioni internazionali: un riferimento alla recente decisione del Parlamento di nominare un ambasciatore speciale presso l’Osa. La Corte chiede alla Procura di procedere “immediatamente” per “determinare le responsabilità delle violazioni della Costituzione”.
Due giorni fa, la stessa sezione costituzionale del Tribunale supremo aveva dichiarato “nullo e privo di validità” il giuramento dei nuovi vertici dell’Assemblea e del suo presidente, Guaidó, avvenuto il 5 gennaio.