Che bella idea!, un seggio permanente per l’Unione europea nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu: gli europeisti più convinti, i federalisti nel solco di Spinelli ne sognano e ne parlano dagli albori dell’integrazione; e, nel 1993, quando nacque l’Unione europea, qualcuno s’illuse che la speranza potesse diventare progetto. Utopia, almeno fin quando non ci sarà una politica estera comune europea: a deciderla, devono essere i governi; le Istituzioni non ne hanno il potere.
Del resto, l’architettura dell’Onu prevede che i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, dotati di diritto di veto, siano le potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, che – non a caso – sono pure le potenze nucleari ‘legittime’: Stati Uniti, Russia – ex Urss -, Cina, Gran Bretagna e Francia.
L’Europa è già sovra-rappresentata: non si tratterebbe di aggiungere uno strapuntino, ma piuttosto di sovrapporre il seggio europeo a quello francese – ora che la Gran Bretagna se ne va -.
Tentativi di riforma del Consiglio di Sicurezza si sono susseguiti, specie dagli Anni Novanta, e sono tutti abortiti: Giappone, Germania, Italia e ‘medie potenze’ come India, Pakistan, Brasile e altri, non avevano l’obiettivo di penetrare nel Gotha del diritto di veto, ma di rendere più frequente la loro rotazione fra i membri non permanenti.
Non se n’è mai fatto nulla. E la stagione dei sovranismi non è la più favorevole a trovare un accordo per modificare la governance mondiale: il rischio è che chi ha già il potere se ne prenda di più. Altro che maggiore condivisione.