Nel giorno in cui riparte a Washington la marcia delle donne, Donald Trump, il magnate presidente, che oggi compie due anni alla Casa Bianca, fa un tentativo di sbloccare le crisi che tengono gli Usa in una morsa, in questo travagliato primo scorcio di 2019. C’è la crisi umanitaria e di sicurezza, che Trump vede al confine con il Messico e per la quale vuole costruire un muro lungo tutta la frontiera, e c’è lo shutdown, cioè la serrata dell’Amministrazione federale, che va avanti da quasi un mese – quattro settimane – e che non ha precedenti nella storia dell’Unione.
La marcia delle donne è la ‘madre’ di tutte le marce anti-Trump: per il terzo anno consecutivo, si svolge in decine di città degli Stati Uniti, da New York a San Francisco, oltre che in vari altri Paesi. Causa neve non spalata, per via dello shutdown, a Washington è un po’ in tono minore.
Nonostante le minacce, Trump non pare pronto a proclamare lo stato d’emergenza, che gli darebbe la possibilità di finanziare la costruzione del muro prelevando i soldi da altri capitoli di spesa. C’è, piuttosto, aria di baratto: il presidente lancia un’esca ai democratici che in maggioranza alla Camera lo tengono in scacco sui soldi per il muro.
Loro accettano di stanziare i fondi per erigere la barriera, 5,7 miliardi di euro, e lui appoggia misure a tutela dei ‘dreamers’, cioè quei milioni di immigrati entrati nell’Unione bambini, coi loro genitori, e che hanno studiato e sono cresciuti negli Stati Uniti, e pure di quanti hanno un status di protezione temporaneo. Dopo settimane di contrapposizione frontale, verrebbe da dire ‘muro contro muro’, è un segnale di apertura: impossibile, però, prevedere se basterà a sbloccare lo stallo e quanto tempo ci vorrà; potrebbe, però, bastare a riaprire il dialogo tra Casa Bianca e Congresso. Dal canto loro, i democratici avrebbero ‘raggranellato’ un miliardo di dollari per migliorare la sicurezza al confine, ma senza muro.
L’annuncio di Trump, che sceglie per farlo il momento meno politico della settimana americana, sabato pomeriggio, segue giorni contraddittori, in cui il presidente ha incassato un mezzo successo sul Russiagate, l’inchiesta sui contatti nel 2016 tra la sua campagna ed esponenti del Cremlino – Robert Mueller, il procuratore speciale, ha smentito indiscrezioni giornalistiche che prefiguravano un intralcio alla giustizia -, e ha concordato un vertice bis con il leader nord-coreano Kim Jong-un, a febbraio, forse in Vietnam.
Trump s’è pure lamentato di essere il presidente peggio trattato dai media dai tempi di Lincoln – paragone lusinghiero – e se l’è presa una volta di più con il Messico che non fa nulla per impedire alla carovane di migranti dall’America centrale di raggiungere la frontiera statunitense.