“La tendenza ad abbassare la soglia del ricorso” alle armi nucleari “è pericolosa e potrebbe causare un disastro nucleare globale”: mittente del monito è il presidente russo Vladimir Putin; destinatario il presidente Usa Donald Trump, che a forza di sganciare gli Stati Uniti dai patti nucleari, con l’Iran o sugli Inf, gli euromissili, sta rendendo il Mondo un posto sempre meno sicuro. “Credo . dice Putin – che il pericolo” di un conflitto atomico “sia scivolato sullo sfondo”: “Sembra impossibile, ma, se una cosa del genere dovesse accadere, potrebbe causare la morte della civiltà e, forse, dell’intero pianeta”.
In una conferenza stampa di fine anno dalle dimensioni tolstoiane – domande e risposte si succedono per quasi quattro ore -, il presidente russo denuncia “lo sfacelo” del sistema di deterrenza internazionale, acuito proprio dalla decisione di Trump di denunciare l’intesa sui missili intermedi: un passo che “aumenta l’incertezza: se arriveranno i missili in Europa – dice Putin -, l’Occidente non squittisca se noi reagiremo”.
Non è chiaro se il discorso nasca da un timore sincero o nasconda le preoccupazioni per l’impatto d’un rilancio della corsa agli armamenti sull’economia russa, mascherate, in ogni caso, dietro “grandi progetti” per garantire alla Russia un balzo in avanti nell’innovazione tecnologica. Putin appare in spolvero: parla, con cautela, di matrimonio; scherza con la reporter che attira l’attenzione agitando un lembo di bandiera russa; si dichiara soddisfatto del lavoro fatto dal governo del suo fido Dmitri Medvedev; innalza il gran pavese per una crescita nei primi tre trimestri 2018 dell’1.7%.
E’ un discorso, anzi uno show, a tutto campo: lo ‘zar del XXI Secolo’ non ha paura di compiere invasioni di campo (sulla Brexit, nel nome della democrazia, è contrario a un nuovo referendum) e di rovesciare frittate (sull’Ucraina, accusa gli Usa di interferire negli affari della Chiesa ortodossa, mettendo zizzania tra Kiev e Mosca, come se ce ne fosse bisogno). L’evento, al World Trade Center di Mosca, sul lungofiume Krasnopresnenskaya, era già record prima di cominciare: 1.702 i reporter russi e stranieri accreditati – mai così tanti nelle 14 edizioni di questo rito mediatico -, armati d’oggetti d’ogni tipo per attirare l’attenzione del portavoce Peskov e del presidente mattatore.
L’affondo sul nucleare è spontaneo, non innescato da domande. La Russia, avverte Putin, sviluppa nuove armi – “in futuro le avranno tutti, ma ora ce le abbiamo solo noi” –per assicurare il rispetto dell’equilibrio strategico, minato dallo scudo missilistico Usa, che Mosca “sa bene” essere collegato agli “apparati offensivi” americani. E per di più c’è lo spettro delle armi nucleari “tattiche”, ovvero a ridotto potenziale, che qualcuno vorrebbe impiegare davvero.
Un’apocalisse. Altro che i 2’ alla mezzanotte dell’Olocausto nucleare dell’orologio degli scienziati che misurano la minaccia atomica. Putin, poi, smorza i toni: è sicuro che “l’umanità avrà abbastanza buon senso” per evitare la catastrofe; e assicura che la Russia non “aspira a dominare il mondo”: “E’ un luogo ciomune – sostiene – propinato all’opinione pubblica occidentale perché la Nato ha bisogno di un nemico per ‘fare quadrato’ e questo nemico è la Russia”.
C’è spazio pure per parlare di rapper scomodi (“bandirli non serve”, meglio pensionarli), del diritto dei russi di manifestare il loro dissenso (“nei limiti della legge”, esigui ) ai prezzi della benzina (“Noi abbiamo bloccato o ridotto l’aumento, in Francia hanno fatto il contrario”). Sul fronte sociale interno, il socialismo in Russia “non tornerà mai”, ma “certi elementi” del sistema sovietico, rimpianti dai 2/3 della popolazione, “hanno senso” e l’esecutivo non avrà remore a reintrodurli, specie nei settori del welfare e della sanità).